Questa mattina il Corriere della Sera ha pubblicato un breve e divertente corsivo di Massimo Gramellini che sbeffeggiava (giustamente) una moda diffusa in Nigeria: ordinare le pizze in Gran Bretagna e farsele consegnare a Lagos (via British Airways). Una ostentazione del lusso da parte di una minoranza privilegiata. La pizza però può davvero diventare uno strumento di sviluppo. Come dimostra il nostro progetto Olga’s.

Mangiare la pizza, ma quella vera, in Africa è già possibile. Nessuna ordinazione al telefono. Nessun trasferimento all’aeroporto di Lagos. Nessuna sfilata in limousine (o altra vettura di lusso). E, soprattutto, nessun trancio molliccio britannico.

La pizza è quella italiana. Vera, cotta al forno. Solo i pizzaioli sono africani (ma anche qui in Italia trovare un pizzaiolo italiano è diventata un’impresa). A Livingstone, in Zambia, dal 2008 esiste una pizzeria italiana, ma gestita da ragazzi e ragazze locali. Si chiama Olga’s ed è l’unico ristorante e guest house italiano impresa sociale del luogo. Olga’s è il frutto di un progetto educativo per i ragazzi vulnerabili. Tutti i profitti sono reinvestiti nello Youth Community Training Center, una scuola di formazione professionale certificata, creata nel 1999 da Diocesi di Livingstone e CELIM, la nostra Ong (che ha sede a Milano).

Gli italiani che vanno a visitare le vicine e affascinanti cascate Vittoria o i parchi nei dintorni possono tornare a casa, almeno con il palato, e tendere una mano ai ragazzi speciali dello Zambia a km0 (come va di moda dire oggi). E, soprattutto, mangiare una pizza vera.

La birra? Beh sul fronte della birra non abbiamo nulla da insegnare. Gli africani sono avanti anni luce su questo fronte. Ma un bicchiere di birra Mosi e una pizza sono la migliore sintesi del nostro progetto per aiutarli a casa loro.