Nei prossimi anni, il riscaldamento globale sarà un fattore sempre più importante perché influenzerà il modo con cui vengono gestiti i suoli e, in ultima analisi, la sopravvivenza di intere popolazioni. A denunciarlo il rapporto «Cambiamento climatico e territorio» redatto dall’Ipcc, comitato scientifico dell’Onu, e presentato ieri, 8 agosto 2019.
Piogge violente, alluvioni, siccità e desertificazione sono eventi ai quali stiamo assistendo sempre più di frequente e secondo lo studio sono già stati e, nei prossimi anni, saranno amplificati dal riscaldamento globale. In molte regioni del globo la temperatura dell’aria è aumentata più rapidamente della media globale e ha già raggiunto circa 1,5° in più rispetto all’era pre-industriale. Già a questi livelli vengono valutati «alti» i rischi perché l’elevate temperature possono portare scarsità d’acqua, incendi, degrado del permafrost e instabilità nella fornitura di cibo. Se il cambiamento climatico raggiungerà o supererà i 2°, obiettivo minimo dell’Accordo di Parigi sul clima, i rischi saranno «molto alti».
A farene le spese saranno Africa, Medio Oriente, Asia e America latina. In molte di queste regioni avanzeranno i deserti e ciò porterà a una lotta per le terre e a una sempre minore disponibilità e qualità del cibo. Gli eventi estremi avranno infatti l’effetto rendere incerta la fornitura di derrate alimentari, determinando forti oscillazioni dei prezzi che si ripercuoteranno soprattutto sulle popolazioni più povere e sui produttori di quelle regioni. Gli alti livelli di CO2 nell’atmosfera renderanno inoltre meno nutritivi i prodotti ( 5,9-12,7% di proteine in meno, 3,7–6,5% in meno di zinco e 5,2–7,5% in meno di ferro) e anche questo colpirà soprattutto le popolazioni dei Paesi poveri o in via di sviluppo, alimentando un circolo vizioso. Secondo il rapporto sono 820 milioni le persone denutrite nel mondo. Tutto ciò porterà a un aumento delle migrazioni all’interno di Paesi e oltre le frontiere. Secondo il rapporto, i migranti economici saranno sempre più migranti climatici.
A fianco dei contadini
In questo contesto, CELIM lavora per aumentare la resilienza delle popolazioni africane di fronte ai cambiamenti climatici, in particolare in Mozambico e Zambia. «In Zambezia, regione centrale del Mozambico – spiegano i responsabili di CELIM -, le attività agricole hanno carattere di sussistenza e poca diversificazione. La situazione è ulteriormente aggravata a causa del cambiamento climatico. Per via delle scarse precipitazioni, nel 2016, oltre il 50% delle famiglie è stato costretto a ripetere la semina più di due volte, principalmente di mais e riso, riducendo in tal modo le loro riserve e disponibilità di cibo. I temporali seguiti alla siccità in alcune zone hanno ucciso 28 persone e distrutto 423 case». In questa regione, in collaborazione con l’Istituto Cooperazione Economica Internazionale (Icei), CELIM ha varato un progetto che mira alla diversificazione della produzione agricola tramite l’introduzione della piscicoltura e dell’apicoltura e al miglioramento delle tecniche agricole, di stoccaggio, trasformazione e commercializzazione.
Simile l’intervento in Zambia. «I distretti di Mongu e Limulunga della Provincia occidentale sono tra i più poveri dello Zambia – osservano i responsabili CELIM -. La popolazione vive di agricoltura e allevamento e arrotonda producendo illegalmente il carbone. CELIM, in collaborazione con Caritas Mongu, ha lanciato un progetto che, facendo leva sulla produzione di ortaggi, moringa e mango essiccato, possa offrire agli abitanti di tre villaggi fonti sicure di entrata e alimenti sani. Si lavorerà inoltre per introdurre la produzione di combustibili vegetali ed ecologici che sostituiranno l’utilizzo della legna. L’obiettivo è la lotta alla povertà, ma anche la tutela dell’ambiente, mediante la realizzazione di pellet e il superamento della produzione di carbone da legna».