In Africa, i disabili sarebbero tra i 60 e gli 80 milioni, circa il 10% della popolazione, anche se in alcune delle zone più povere la percentuale sale fino al 20%. Una comunità vastissima che comprende persone con una serie molto ampia di menomazioni, limitazioni e restrizioni alla normale attività fisica e mentale. Ma perché le disabilità sono così diffuse? I fattori sono molteplici: malnutrizione, menomazioni alla nascita, incidenti in casa, al lavoro o sulle strade, malattie invalidanti, guerre, ecc.

In Africa, la disabilità non è un problema solo sanitario, ma anche sociale. Molti Paesi hanno finanze troppo disastrate per poter creare un sistema di sostegno. Sebbene spesso leggi a favore dei disabili siano state approvate, mancano edifici pubblici attrezzati, non ci sono farmaci adeguati, carrozzine e stampelle sono in numero non sufficiente.

I portatori di handicap non riescono quindi a frequentare le scuole: solo tra il 5 e il 10% si iscrive a corsi regolari. Il risultato è che non più del 5% dei portatori di handicap adulti è in grado di leggere e scrivere correttamente. Ciò, a catena, li esclude dal mondo del lavoro. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) stima che la disoccupazione delle persone disabili a livello mondiale sia da due a tre volte superiore rispetto a quella delle altre persone.

Studio e lavoro

Di fronte a questo fenomeno, CELIM ha lanciato in Zambia un progetto che intende promuovere l’inclusione educativa, sociale ed economica di ragazzi e adulti affetti da diversi handicap.

Il primo passo è stato fatto in campo educativo. Per garantire a tutti l’accesso ad un’istruzione di qualità, si è iniziato a lavorare per migliorare le strutture scolastiche e rendendole più agevoli per i ragazzi con difficoltà motorie, per esempio attraverso la costruzione di bagni e spogliatoi attrezzati e separati per ragazze e ragazzi. Ma creare strutture adatte non basta. Per questo motivo, si sta lavorando alla formazione degli insegnanti, in modo tale che siano preparati a gestire le situazioni più critiche e siano in grado di offrire ai giovani una preparazione adeguata. Sono state coinvolte anche le famiglie e i leader della comunità, solo così è possibile ridurre i pregiudizi e le discriminazioni.

Oltre all’istruzione, il progetto ha iniziato a guardare anche all’ambito lavorativo: sono state  organizzate formazioni per alcuni membri del personale delle agenzie di collocamento e per gli insegnanti di istituti scolastici affinché possano diventare job coach e rappresentare così un punto fermo per le persone affette da disabilità, aiutandoli a trovare un impiego e sostenendoli nel rapporto con i datori di lavoro. Infine si sta pensando di assegnare piccoli appezzamenti all’interno dell’azienda agricola Mary Christine così da coinvolgere anche le famiglie dei beneficiari, e verrà avviata una produzione artigianale di piccoli manufatti presso la stessa azienda agricola e presso il centro Cicetekelo.

«L’obiettivo principale è l’inclusione socio-economica e la tutela dei diritti di 286 persone con disabilità – spiegano i responsabili di CELIM -. Ma ciò non basta. Noi vogliamo contribuire a creare una cultura di accoglienza e rispetto nei confronti dei portatori di handicap. Una cultura che permei la società e faccia vedere il disabile non come un peso o, peggio, una maledizione divina, ma come un membro a tutti gli effetti della comunità».

Progetti correlati