Oggi, venerdì 25 (ore 20), si terrà la prima delle due cene, organizzate nel ristorante «InGalera» all’interno del penitenziario Bollate, per raccogliere fondi pro carcerati italiani e zambiani. Abbiamo chiesto a Gianclaudio Bizzotto, responsabile in Zambia di CELIM, di spiegarci il senso e la struttura del progetto a favore dei detenuti.

Quando è iniziato il progetto?
Il progetto, co-finanziato dall’Unione Europea, è iniziato il 15 gennaio 2019. L’obiettivo delle nostre attività è favorire l’abilitazione e reintegrazione dei prigionieri nella società. La prima fase si è focalizzata sui temi della salute, della nutrizione e dell’educazione ai carcerati con particolare focus sulle donne.

Dove opera Celim? In quali penitenziari? In collaborazione con chi?
CELIM lavora in tre province (Centrale, Sud e Ovest), in sei penitenziari ed un riformatorio. Le attività sono implementate in collaborazione con due Ong locali che, da anni, si dedicano al tema delle prigioni e i cui direttori sono ex carcerati: Pff (Prisoner Future Foundation) e Preo (Prisoners Reintegration Empowerment Organization). Ovviamente l’amministrazione penitenziaria è partner e beneficiario del progetto.

Si lavora solo con i carcerati? O anche con le guardie?
Le attività hanno come beneficiari diretti sia i carcerati sia le guardie. A gennaio 2016 lo Zambia ha cambiato il suo approccio al settore carcerario trasformando le prigioni in centri correttivi. Da qui il nuovo approccio che intende non essere più punitivo, ma proporre azioni correttive ed educative per favorire il reintegro in società.

Quali obiettivi generali si propone il progetto?
Gran parte della popolazione carceraria non ha una formazione, a volte, è addirittura analfabeta. Molti prigionieri faticano a trovare un lavoro a causa delle loro scarse conoscenze e del basso livello professionale. L’intento è fornire opportunità educative offrendo corsi di alfabetizzazione e professionali. A questo scopo si prevede lo sviluppo di varie infrastrutture educative dato che al momento sono per lo più inesistenti. Allo stesso tempo sono previste azioni di formazione agli insegnanti affinché riescano a portare migliore qualità. Gli insegnanti sono sia guardie carcerarie, sia prigionieri disponibili e capaci. Si lavora poi in collaborazione con le istituzioni delegate all’educazione in modo da ottenere anche insegnanti forniti dal ministero dell’educazione. Riusciamo poi a supportare i costi per gli esami in modo che gli studenti possano ottenere un diploma che è riconosciuto a livello nazionale.
Una parte importante del lavoro si svolge con le guardie carcerarie affinché abbiano le competenze e gli strumenti per un approccio costruttivo e di positivo coinvolgimento con i prigionieri. Corsi di counseling, di impresa, formazione metodologica, sono alcune delle azioni che intendono aiutare il settore delle guardie carcerarie nel nuovo sistema.
Ci sono poi una serie di azioni che si svolgono fuori dalle prigioni: è necessario infatti ridurre lo stigma presente nelle famiglie e nelle comunità affinché alla persona che termina la sua pena sia offerta una seconda possibilità. Spesso un gran numero di persone rilasciate tornano a commettere crimini a causa dell’emarginazione che vivono. Il coinvolgimento delle autorità, dei leader, delle Chiese e del mondo privato affinché si prepari un ambiente accogliente è prioritario per il reinserimento. La persona rilasciata deve prendersi le sue responsabilità nella società, sapere i suoi doveri e comportarsi di conseguenza e la società deve permettergli di dimostrare di essere cambiato.

Quali i risultati sono stati raggiunti?
La costruzione delle infrastrutture è a buon punto con i blocchi di classi e alcune riabilitazioni fatte. Una serie di training ai vari livelli è già stata fornita e varie opere di sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità è in corso.

Quale lavoro c’è ancora da fare? In quali penitenziari?
Nei prossimi mesi ci aspettano ancora molti sforzi per realizzare le infrastrutture. Un impegno che richiede ingenti investimenti, azioni di sensibilizzazione, corsi di aggiornamento e coinvolgimento dei vari settori delle istituzioni e della società. Stiamo affiancando anche i Servizi sociali affinché supportino le azioni di follow up dopo il rilascio per monitorare il reinserimento. Con i Servizi sociali, in particolare, abbiamo relazioni nel supporto al riformatorio e al reinserimento dei ragazzi nel loro rientro nelle famiglie.

Quando terminerà il progetto?
Il progetto terminerà nel gennaio 2022. L’amministrazione penitenziaria si è già fatta avanti per chiedere a CELIM un simile intervento anche in altri penitenziari.

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