I crimini d’odio (insulti, percosse, gesti improntati alla discriminazione) sono in costante aumento in Italia e riguardano soprattutto gli stranieri.  Unico elemento parzialmente positivo: i casi in cui questi crimini si traducono in aggressioni fisiche sono ancora limitati. Questi fenomeni sono particolarmente diffusi nello sport. E proprio in questo contesto che CELIM lavora per contrastare l’odio, a partire dai più giovani.

Odio in aumento

Ma andiamo con ordine. Secondo l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) istituito da Osce,  gli hate crime commessi in Italia sono raddoppiati, passando dai 473 del 2013 ai 1.048 del 2017. Il 79% dei crimini d’odio registrati in Italia ha avuto come motivazione l’odio razziale (in pratica quattro casi su cinque). Un dato preoccupante, ma forse sottostimato. Odhir spiega infatti che il codice penale italiano non offre una definizione precisa di crimine d’odio. Esiste, è vero, la legge Mancino del 1993 che punisce l’odio razziale. Ma non ci sono previsioni specifiche per i crimini motivati dall’odio verso disabili o persone che appartengono alla comunità Lgbt.

Un unico elemento positivo si può cogliere nel fatto che solo una parte percentualmente bassa di questi reati va a ledere l’incolumità fisica delle vittime. Solo poco più del 10% dei crimini d’odio denunciati nel corso del 2017 ha riguardato aggressioni fisiche. Da segnalare, però, che per Lgbt e disabili, invece, l’aggressione fisica è il primo crimine d’odio censito da Odhir.

Sport in prima linea

CELIM collabora a un progetto, finanziato dall’Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo e promosso da otto Ong, insieme alla federazione sportiva Csen, alle agenzie formative FormAzione, Sit e Saa-School of management, Informatici senza frontiere e Tele Radio City, per combattere i discorsi e gli atteggiamenti di odioveicolati attraverso lo sport.

CELIM lavorerà in cinque scuole milanesi allestendo percorsi formativi ad hoc che faranno riflettere i ragazzi sul fenomeno dell’odio in campo sportivo e insegneranno come contrastarli. Saranno coinvolte anche le società sportive, con sessioni educative per prevenire l’hate speech e le sue conseguenze.

«Lo sport – commentano i responsabili CELIM – può essere veicolo di contrapposizione, violenza, disprezzo. Noi vogliamo tornare all’origine, quando le attività sportive e quelle ludiche erano strumenti per avvicinare le comunità, per stringere rapporti positivi, per creare solidarietà. E vogliamo farlo a partire dai ragazzi per creare una cultura diffusa di accoglienza e accettazione dell’altro».

 

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