Terreno di inclusione e aggregazione sociale, veicolo di crescita e confronto, palestra di vita. È lo sport, quello che può portare fino al sogno Olimpico o semplicemente aiutare a stare meglio, quello che nel nostro Paese coinvolge milioni di ragazzi. Lo sport che però, purtroppo, ha anche un’altra faccia e può trasformarsi in fornace di discorsi e gesti d’odio, che nella dimensione digitale si potenziano e diffondono in maniera esponenziale.
È così che, anche grazie all’aiuto di diversi campioni azzurri, prende il via domani venerdì 7 febbraio – Giornata Mondiale contro il bullismo e il cyber-bullismo – la campagna #Odiarenoneunosport, sostenuta dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e promossa dal Centro volontariato cooperazione allo sviluppo, con un fitta rete di partner su tutto il territorio nazionale (tra i quali CELIM).
Lo studio del fenomeno è affidato all’Università di Torino che, attraverso l’équipe multidisciplinare del centro di ricerca avanzata Coder, è al lavoro per elaborare un «Barometro dell’Odio nello sport», monitorando i principali social media e le testate giornalistiche sportive. Dalle prime anticipazioni del report, che uscirà a fine marzo, emergono dati allarmanti. Su 4.857 post analizzati, per un totale di oltre 443mila commenti alle pagine Facebook delle cinque principali testate giornalistiche sportive nazionali («La Gazzetta dello Sport», «Tuttosport», «Corriere dello Sport», «SkySport», «Sport Mediaset»), emerge che tre post su quattro ricevono commenti che contengono una qualche forma di hate speech. Quest’ultimo può manifestarsi come generico linguaggio volgare (13,5%), aggressività verbale (73%) , vere e proprie minacce (6,8%) o, infine, come varie forme di discriminazione (6,7%). I picchi più elevati di messaggi d’odio si verificano in corrispondenza di eventi calcistici e riguardano in particolar modo le decisioni arbitrali.
Il lavoro dell’équipe, però, non è solo di osservazione, ma punta anche a intercettare le varie forme di hate speech online e intervenire con risposte in tempo reale. Questo grazie a un algoritmo specifico e un chatbot sviluppati dal Laboratorio d’Innovazione della School of Management di Torino e da Informatici senza Frontiere. A questi strumenti si affianca il «Bullyctionary», un dizionario del bullismo online, realizzato grazie ad Assicurazioni Generali.
Il progetto ha raccolto e sta ancora raccogliendo le testimonianze di campioni dello sport azzurro come Igor Cassina, Stefano Oppo, Alessia Maurelli, Frank Chamizo, Valeria Straneo, al loro fianco le straordinarie storie di inclusione sociale avvenute attraverso lo sport sul territorio italiano e l’adesione spontanea di decine di sportivi, professionisti e dilettanti, associazioni, scuole o semplici cittadini che sostengono la campagna ritraendosi con la scritta «Odiare non è uno sport».
La campagna durerà tutto il 2020, anno olimpico, in cui gli occhi dei media saranno particolarmente puntati sullo sport, e prevederà diversi appuntamenti e strumenti per sensibilizzare la cittadinanza: dieci flash mob contemporanei in diverse città italiane lunedì 6 aprile, in occasione della Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, attività educative in 55 scuole e 44 società sportive, partecipazione a numerosi eventi sportivi. Per finire con le «squadre» territoriali anti-odio che monitoreranno profili e pagine social di varie società sportive per intercettare e rispondere in modo pertinente ai messaggi di hate speech.
Tutti insieme, con un obiettivo comune: dire no all’odio nello sport e nella vita.