Lo sport è aggregazione, amicizia, crescita. Ma può trasformarsi anche in odio, rancore, razzismo. Un fenomeno che va denunciato con forza oggi, 6 aprile, che si celebra la giornata internazionale dello sport. Un fenomeno contro il quale CELIM lotta attraverso «Odiare non è uno sport», progetto sostenuto dall’Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo e promosso dal Centro volontariato cooperazione allo sviluppo, in partenariato con sette Ong italiane, l’ente di promozione sportiva Csen, le agenzie formative FormaAzione, Sit e Saa-School of management, Informatici senza Frontiere per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche.

Odio online

Secondo un’analisi condotta dall’Università di Torino sui social media e delle principali testate giornalistiche sportive, tre post su quattro, sulle pagine Facebook delle principali testate sportive nazionali, hanno commenti classificati come hate speech. Vere e proprie minacce (6,8%), discriminazione (6,7%), aggressività verbale (73%) o generico linguaggio volgare (13,5%). Dal report, emergono dati allarmanti: su 4.857 post analizzati e oltre 443mila commenti sulle pagine Facebook delle cinque principali testate giornalistiche sportive nazionali («La Gazzetta dello Sport», «TuttoSport», «Corriere dello Sport», «SkySport», «Sport Mediaset»), i picchi più elevati di messaggi d’odio si verificano in corrispondenza di eventi calcistici e riguardano in particolar modo le decisioni arbitrali.

Per questo campioni e campionesse, società sportive, associazioni, scuole e studenti hanno messo la faccia a sostegno del progetto «Odiare non è uno sport»”, per prevenire e contrastare i messaggi d’odio online in ambito sportivo. Il progetto ha raccolto le testimonianze di campioni dello sport azzurro come Igor Cassina, Stefano Oppo, Alessia Maurelli, Frank Chamizo, Valeria Straneo e accanto a loro le straordinarie storie di inclusione sociale avvenute attraverso lo sport.

Monitorare e formare

La campagna durerà tutto il 2020 e prevede attività educative in 55 scuole e 44 società sportive. Le attività spaziano dalla creazione del «Barometro dell’odio nello sport», che intercetterà sui social media e le testate giornalistiche le discriminazioni e le azioni violente nello sport, all’attività di informazione, attraverso video, servizi fotografici, blog, un «dizionario del bullismo», spot radiofonici, social network; dai percorsi formativi nelle scuole alle attività di sensibilizzazione nelle società sportive.

CELIM, in particolare sarà impegnato in cinque scuole milanesi, attraverso percorsi ad hoc che faranno riflettere i ragazzi sul fenomeno dell’odio in campo sportivo e li aiuteranno a difendersi e nelle società sportive, con sessioni educative per prevenire l’hate speech e le sue conseguenze.

«Il progetto – spiega Silvia Jelmini, CELIM Scuola – è legato al mondo dello sport, ma ha una valenza più generale. È uno strumento per insegnare un linguaggio diverso e un nuovo modo per rapportarsi alla diversità di genere o etnica. Vuole essere un intervento per migliorare la qualità della convivenza in una società in cui le parole di odio sono troppo forti e diffuse».

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