Il virus c’è. L’epidemia però è contenuta. Ufficialmente, in Libano sono stati registrati 632 casi con una ventina di morti. C’è però chi teme che il contagio sia più esteso e, comunque, si possa estendere di più. «La situazione – spiegano fonti sul posto – non è cambiata nelle ultime settimane. Secondo quanto riportano le autorità sanitarie il numero dei contagiati è ancora molto limitato. Anche se la gente comune pensa che i malati siano molti di più di quelli dichiarati. Sulla carta le misure prese per contenere l’espansione del virus sono drastiche. Il governo ha imposto la quarantena, con un coprifuoco e circolazione a targhe alterne. Ma non esistono controlli efficaci e molte persone escono comunque per strada. In giro si vede molta molta gente».

Il virus ha reso evidente il forte taglio di fondi a cui è stata sottoposta la sanità pubblica negli scorsi anni. Solo un ospedale – il Rafik Hariri University Hospital di Beirut – è in grado di fare tamponi e accogliere/isolare pazienti malati. Attraverso un prestito della Banca Mondiale si dovrebbero equipaggiare altri otto ospedali pubblici in tutto il Paese portando la capacità massima di letti disponibile a 12mila. Mancano però i ventilatori, che si stima possano essere non più di un migliaio. Anche per questo, gli ospedali privati hanno dato disponibilità a svolgere tamponi e messo a disposizione 20 posti letto ciascuno. Naturalmente però, a pagamento. «Siamo preoccupati perché se scoppiasse veramente un’epidemia si rischia molto – continua la nostra fonte -. Il sistema sanitario è privato e le cure costano molto. Di fronte a un’espandersi del virus quanti potrebbero garantirsi le cure?».

Tutto questo influirà molto anche su un’economia già al collasso e sulla sopravvivenza di molti strati della popolazione che al momento non stanno più lavorando. «Già prima della pandemia – conclude la nostra fonte -, il Libano stava vivendo una fortissima crisi economica. Il lockdown, con la chiusura delle attività commerciali e imprenditoriali, rischia di aggravare ulteriormente la crisi, portando il Paese sull’orlo del baratro. Si rischia molto».

Anche i progetti di CELIM, al momento, subiscono un rallentamento. Le attività sul campo sono sospese. Continuano il normale lavoro in sede. Nella speranza che questo periodo di emergenza trascorra velocemente e che si possa velocemente tornare operativi.