Quanta volgarità, minacce e insulti anche a sfondo razziale o sessista sono presenti nelle discussioni online che parlano di sport? Se da un lato lo sport è spesso strumento di integrazione e trasmissione di valori, soprattutto quando praticato, dall’altro, specialmente nella dimensione del tifo, può diventare un elemento divisivo che inasprisce la competizione fino a trasformarla in conflitti anche violenti. Ma quanto influisce in tutto questo l’uso dei social network? Che frequenza e che caratteristiche hanno i linguaggi d’odio online nello sport italiano?
Prova a rispondere a queste domande il «Barometro dell’odio nello Sport», ricerca realizzata dal Centro Coder dell’Università di Torino nel quadro del progetto di prevenzione e contrasto all’hate speech «Odiare non è uno sport», finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e promosso dall’associazione Cvcs insieme a 13 partner nazionali (tra i quali CELIM).
Il primo risultato che salta agli occhi dal monitoraggio delle pagine Fb e Twitter delle principali testate sportive nazionali («La Gazzetta dello Sport», «Tuttosport», «Il Corriere dello Sport», «Sky Sport» e «Sport Mediaset») realizzato dal 7 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020, è che esiste un livello costante di hate speech al di sotto del quale non si scende mai, pari al 10,9% dei commenti su Facebook e 18,6% su Twitter.
I messaggi d’odio risultano dunque una componente non solo rilevante ma strutturale delle conversazioni sportive su questi social media.
Tuttavia, Facebook e Twitter sono diversi, sia per numero di commenti sia per la presenza di hate speech. A parità di messaggi pubblicati, Facebook genera un volume di commenti 26 volte superiore a quello di Twitter. Ma, mentre l’hate speech raggiunge il 13,4% dei commenti su Facebook, su Twitter arriva al 31%.
Se si vanno poi ad approfondire le modalità con cui si manifesta l’hate speech, il linguaggio volgare (14% su Fb e 31% su Twitter) e l’aggressività verbale (73% e 60%) sono le forme più frequenti. Tuttavia, anche discriminazione (7% e 5%) e aggressività fisica (5% e 4%) non sono irrilevanti. La ricerca ha infatti individuato circa 5.000 commenti contenenti elementi di questo tipo pubblicati dagli utenti in un arco di tre mesi.
Infine, dato prevedibile, gran parte del traffico di notizie sui social e di conseguenza la maggior parte degli episodi di hate speech sono da ricondurre al mondo del calcio. Emerge che Mario Balotelli e Romelu Lukaku sono i personaggi sportivi su cui si concentrano più commenti di hate speech (rispettivamente 16,7% su Facebook e 38,3% su Twitter; 15,5% su Facebook e 40,6% su Twitter) contenenti insulti e discriminazione razziale (rispettivamente 2,1% su Facebook e 5,6% su Twitter; 1,9% su Facebook e 2,4% su Twitter).
La ricerca sarà presentata il 26 maggio alle ore 11 in diretta Facebook sulla pagine del progetto «Odiare non è uno sport» (@odiarenoneunosport). L’evento live – moderato da Mimma Caligaris, giornalista sportiva e presidente della Commissione Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa – vedrà la partecipazione di Giuliano Bobba, del centro Coder, autore del Barometro e Sara Fornasir coordinatrice del progetto.