Abbandonate in mezzo a una strada. Si sono riunite davanti al loro consolato. Da giorni sono lì, sperando di poter tornare nel loro Paese. Le lavoratrici domestiche etiopi sono tra le prime vittime del coronavirus e della crisi economica che gravava sul Libano già prima che arrivasse l’epidemia. Arrivate nel Paese dei cedri per trovare un’occupazione si sono trovate con un mucchio di mosche in mano: non possono continuare a lavorare, ma non possono neppure tornare a casa perché l’aeroporto di Beirut è chiuso e le pratiche burocratiche per il rientro sono lunghe e complesse. Al loro fianco sono scesi Caritas Libano e CELIM che stanno fornendo assistenza e un rifugio.

«Il Covid-19 ha peggiorato una situazione economica già complessa – spiega Antonio Buzzelli, CELIM Libano -. Molte famiglie si sono trovate in situazioni difficili e le prime a farne le spese sono state le lavoratrici domestiche, in particolare, quelle straniere. Molte di esse hanno perso l’occupazione, ma non riescono a tornare in patria. Sono quindi in una terra di nessuno».

Un’ottantina di lavoratrici è stata accolta in uno shelter informale all’interno del consolato etiope di Beirut. «È una sistemazione di fortuna – continua Buzzelli -. Le donne sono accolte in una stanza con un solo bagno. La situazione è difficile. Per questo motivo abbiamo deciso, insieme a Caritas Libano, di iniziare a trasferirle negli  shelter attrezzati. Al momento dovrebbero esserne spostate una trentina».

Un paio di settimane fa, Caritas e CELIM hanno organizzato un volo di rientro per 649 donne in Etiopia: 34 provenienti dagli shelter della Caritas, le altre comunque assistite dal progetto. «Una volta rientrate in Etiopia – conclude Buzzelli -, la maggior parte delle donne è stata accolta in centri e preparata al reinserimento nella società etiope. Quelle donne che non sono state accolte in questi centri sono state comunque assistite. L’obiettivo è di sottrarle allo sfruttamento e di aiutarle a trovare un’occupazione che garantisca un reddito a loro e alle loro famiglie. Il nostro progetto va avanti».