Nessun danno alla sede CELIM a Beirut e nessun pericolo per le persone che lavorano in Libano per la nostra Ong. È quanto assicura lo staff dopo una giornata, quella di ieri, che ha visto forti tensioni nella capitale del Paese dei cedri.

Una manifestazione organizzata dai partiti sciiti Amal e Hezbollah (formazione che gode del sostegno dell’Iran) è degenerata in scontri che hanno causato la morte di sette persone. I militanti erano scesi in piazza per protestare contro Terek Bitar, il magistrato che indaga sull’esplosione del porto (avvenuta il 4 agosto 2020 e nella quale sono morte più di 200 persone). A loro avviso Bitar, che ha chiesto di interrogare alcuni esponenti dei passati governi e del parlamento, sta utilizzando metodi troppo «politici» nella sua inchiesta e non sarebbe quindi obiettivo. Quando il corteo è arrivato alla rotonda di Old Saida Road è stato fatto oggetto di spari da parte di cecchini. A questi spari hanno risposto i miliziani sciiti. Ne è nato uno scontro con armi leggere e pesanti. Testimonianze rilanciate dai media libanesi parlano di moltissimi colpi di armi da fuoco esplosi. Hezbollah ha accusato le Forze libanesi, partito formato da cristiani maroniti, di aver sparato contro la folla. A sua volta, le Forze libanesi hanno accusato Hezbollah di aver creato un clima di tensione che ha scatenato gli scontri.

«La situazione oggi era tranquilla in città – fanno sapere da Beirut gli operatori CELIM -. Se le tensioni non riprenderanno, da settimana prossima potranno ripartire le attività canoniche del progetto che nel sud del Paese sostiene gli olivicoltori. La speranza è che le varie fazioni e i vari partiti prendano decisioni responsabili che evitino il degenerare di una crisi economica e sociale che da mesi squassa il Paese».

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