Ci sono immagini che non dimenticheremo mai. Quella di Aylan, il bimbo siriano che nel 2015 ha trovato la morte in mare, a soli 3 anni, e che tutti i giornali ci hanno fatto vedere riverso con il viso nella sabbia delle coste turche.
Ci sono storie che non dimenticheremo mai. L’ultima quella di un quattordicenne, di cui non sapremo mai il nome, proveniente dal Mali, affogato mentre cercava di raggiungere le nostre coste, e che poi si è scoperto avere cucita nella giacca la sua pagella, ottima, come a voler dimostrare di essere meritevole della nostra accoglienza.
Accoglienza che non riceverà mai e che, probabilmente, non avrebbe mai ricevuto.

Porti chiusi. Questa è la politica italiana, anzi europea, di oggi.
Ma di fronte a tante e tali tragedie non si può restare indifferenti.
Riteniamo sia un dovere civico, morale e di responsabilità alzare la voce, far sapere che noi non siamo d’accordo, che noi siamo e vogliamo essere solidali e accoglienti, che noi vogliamo e possiamo essere quella Speranza che tanti disperati, appunto, anelano.

Siamo tutti essere umani.

La colpa non è delle ONG, che alcuni credono finanziate da magnati con oscuri programmi di africanizzazione dell’Europa o in collusione con i trafficanti di esseri umani. Del resto, oggi in mare le ONG non ci sono praticamente più, a causa di certa politica, eppure le tragedie continuano e sono la prova che delle ONG c’è invece bisogno.
Le ONG sono la risposta, non il problema.
I porti chiusi non sono la soluzione. Tornare in Libia non è la soluzione. A tutti sono ormai tristemente note le condizioni disumane e le violenze che queste persone subiscono nei centri di detenzione libici, non ci stupiscano quindi le parole di uno dei (soli) tre sopravvissuti al naufragio di venerdì scorso “meglio morire in mare che tornare in Libia”. Ci facciano invece riflettere.

I porti chiusi sono un fallimento nella lotta al traffico di migranti: la cooperazione è la risposta.

Mentre Malta, Italia e l’Europa tutta, si sottraggono al dovere umanitario e di coscienza: di salvare vite umane, in un balletto di cinico scarico di responsabilità (…) Di fronte a quanto sta accadendo FOCSIV e i suoi Soci non tacciono. Anzi invitano le organizzazioni della società civile, le parrocchie, i quartieri, i Comuni, a dichiararsi porti aperti. Porti aperti alla responsabilità umanitaria come risposta alla sofferenza umana, porti aperti per offrire sostegno e accoglienza” ha dichiarato Gianfranco Cattai, Presidente FOCSIV.

  • Comunicato Stampa FOCSIV > Leggi