La pianura si estende a perdita d’occhio. Pochi alberi. Il Naviglio Grande. Siamo a due passi da Milano. A Sud della metropoli è ancora campagna. Quella vera, fatta di fatica, terreni da dissodare, acqua, fertilizzanti. I ritmi non sono quelli frenetici della vicina metropoli, ma quelli dettati dalle stagioni e dalle esigenze della semina e del raccolto. È questo il clima che si respira ad Albairate quando si entra nell’Antica riseria Tarantola della Bruciata, l’azienda che fornisce a CELIM il riso che poi viene venduto sui sagrati delle parrocchie e il cui ricavato viene destinato ai progetti nei Paesi in via di sviluppo.
La riseria affonda le sue radici nella storia. Durante l’assedio di Milano del 1160, il Barbarossa mise a ferro e fuoco l’abbiatense, distruggendo il paese di Ravello ubicato nell’attuale località Bruciata di Albairate. A quella devastazione resistette solo il vecchio mulino perché circondato da un corso d’acqua che fermò l’avanzata delle fiamme. Dal 1910 quel mulino è di proprietà della famiglia Tarantola che vi ha impiantato la riseria che oggi è una delle più note aziende dell’abbiatense. «Fino agli anni Ottanta – spiega Giovanni Tarantola – macinavamo riso, mais e frumento. Nel 1987 quando la gestione è passata a me, Cesare e Luigi, l’azienda si è dedicata esclusivamente al riso. Originariamente il mulino era spinto dalla forza dell’acqua di una roggia. Con il tempo, l’acqua è stata sostituita dalla corrente elettrica e sono stati introdotti macchinari basati sulle più moderne tecnologie e in grado di fornire prodotti di elevata qualità. La nostra riseria è stata una delle prime ad avere il marchio controllo-qualità Demeter per la commercializzazione di riso prodotto in maniera biologica e biodinamica, senza l’uso di sostanze chimiche».
Oggi, la riseria Tarantola è una realtà che conta una decina di dipendenti e si rivolge al dettaglio, tramite lo spaccio aziendale, e ad alcuni distributori (che poi rivendono a gastronomie). «Trattattiamo diverse qualità di riso – continua Giovanni Tarantola -: Carnaroli, Arborio, Roma, Baldo, Padano, Ribe, Balilla, Loto, Drago, Ariente, Tahi Bonet, Vialone nano, Ribe parboiled. Ma anche risi biologici come il venere integrale e il rosso integrale. Provengono tutti dalle migliori zone di coltivazione e vengono lavorati con estrema cura applicando a metodi antichi la più avanzata tecnologia che garantisce inalterate le caratteristiche organolettiche». Il chicco viene pulito, sbucciato, raffinato per abrasione (quindi senza prodotti chimici), selezionato e poi confezionato sottovuoto.
Quello dei Tarantola è un riso tutto italiano. «Nella nostra zona – osserva -, la coltivazione del riso ha soppiantato quelle del mais e del frumento e anche l’allevamento. Il riso è una produzione che va seguita in tutte le sue fasi, ma offre una buona resa. Attualmente sono state introdotte anche qualità che si coltivano a secco che richiedono meno utilizzo di acqua».
Con CELIM è nato un rapporto circa un anno fa. «Quando ci è stato proposto – conclude Tarantola – abbiamo accettato con piacere. Ci fa piacere collaborare con un’organizzazione che lavora su progetti di sviluppo e ci fa piacere che proprio dalla vendita del riso venga una parte delle risorse per questi progetti. Questa iniziativa fa parte di una sensibilità sociale che sentiamo nostra e che ci arricchisce sia come uomini sia come imprenditori».