In Zambia tutto è tranquillo. Al momento. Ufficialmente non si registrano casi di Covid-19. Le scuole sono aperte, i locali sono aperti, le chiese sono aperte, i negozi sono aperti. «Non c’è allarme – spiega Gianclaudio Bizzotto, responsabile Paese di CELIM in Zambia – non è stato istituito alcun coprifuoco né misure di prevenzione se non l’invito a utilizzare i disinfettanti per le mani e a non andare in giro se si avvertono sintomi influenzali».

In Zambia, come in altri Paesi dell’Africa subsahariana, i sistemi sanitari sono molto fragili e fanno fatica a operare in modo efficiente. La mancanza di fondi, le strutture insufficienti, la carenza di personale sanitario e la poca disponibilità di farmaci non consentono di reagire in modo pronto non solo a una minaccia come quella della pandemia di coronavirus, ma spesso anche alle normali esigenze sanitarie del Paese.

In Zambia ci dovrebbero essere due centri, il Dipartimento di veterinaria dell’Università e l’Ospedale generale, preparati con macchinari adatti al riconoscimento del coronavirus. È lì che dovrebbero fare i tamponi, individuare i positivi e indirizzarli ai reparti di Medicina o di Terapia intensiva. «In realtà – continua Bizzotto – non si ha la certezza che i due centri siano diventati realmente operativi. Quindi, ufficialmente, non si sa se ci siano o meno contagiati nel Paese. Il ministro ha annunciato che dalla prossima settimana chiuderanno le scuole e che i bar cesseranno le attività alle 22. Vedremo se basteranno questi provvedimenti a contrastare il virus».

Per ora, tutte le attività, sia quelle economiche sia quelle sociali, continuano come se il virus non fosse arrivato. Anche il gruppo di cooperanti di CELIM continua a lavorare. Anche se prendendo qualche precauzione in più. «Non ci siamo fermati – conclude Bizzotto -, le nostre attività proseguono normalmente. Da parte nostra stiamo più attenti. Come indicato dalle organizzazioni internazionali, cerchiamo di tenere le distanze dai nostri interlocutori e ci laviamo e disinfettiamo le mani più spesso del solito. Continuiamo, nella speranza che, almeno questa volta, l’Africa sia risparmiata da questa epidemia che sta colpendo così duramente l’Europa».