«Fratelli tutti», una grande enciclica del Papa, una grande esortazione alla fraternità e all’amicizia sociale. Ci auguriamo con speranza che non rimanga solo una esortazione morale, ma che si possa tradurre in un progetto di vita, politico e sociale.

Ci si può chiedere come sia possibile essere fratelli tutti quando l’1% più ricco della popolazione italiana possiede il 70% della ricchezza, e il 10% più ricco della popolazione italiana possiede sei volte tanto la ricchezza del 50% più povero. Uscendo dai nostri confini, come possiamo essere fratelli tutti quando l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede il doppio della ricchezza del restante 90%? (dati report Oxfam 2020).

Non possiamo essere tutti fratelli, se anche le «tasche» non sono sorelle, almeno in parte. Un progetto di fraternità potrà essere possibile solo se sarà accompagnato da un processo di graduale condivisione delle risorse economiche, di parziale cessione di ricchezza dai più ricchi verso i più poveri.

In questi ultimi mesi, per far fronte all’emergenza Covid-19, nel nostro come in molti altri Paesi, abbiamo assistito al «dissanguamento» delle risorse collettive ma, prima o poi, ci sveglieremo dall’illusione che semplicemente facendo debito sia possibile compensare e rimborsare tutto e tutti, debiti che stiamo lascando in dolce (o amara?) eredità alle generazioni future. Arriverà il momento in cui dovremo prendere consapevolezza del fatto che per salvare finanziariamente il nostro Paese sarà necessario prendere in considerazione una patrimoniale, una tassa sui patrimoni privati. La tassazione dei grandi patrimoni privati e il contemporaneo aumento della tassazione sulle rendite finanziarie a fronte della diminuzione delle tasse sul lavoro dovrebbe essere il nostro progetto politico.

Noi che apparteniamo al 70% della popolazione italiana meno ricca dovremmo sostenere l’introduzione di una tassa patrimoniale, che andrebbe a toccare al massimo il restante 30% più ricco. In fondo una patrimoniale è un modo per collettivizzare le risorse private, per ridurre la ricchezza dei ricchi e per sostenere i servizi e la collettività. In tutto il mondo, la porzione di popolazione più ricca è quella che in termini relativi contribuisce di meno alle risorse per la collettività, ma in assoluto «le briciole» di tasse versate dai ricchi sono oro per gli Stati, tanto da assistere a una specie di competizione per accaparrarsi i pur minimi versamenti di queste fasce di popolazione, promettendo tassazioni sempre più agili e leggere. Penso che questa sia una visione miope, che finisca ancora una volta per agevolare e arricchire di più chi dispone di grandi patrimoni e corpose entrate, confermando ancora come il mondo sia sempre stato governato dai ricchi e in funzione della loro ricchezza.

«Fratelli tutti», giovani e anziani, generazioni presenti e future

L’Italia è un Paese che invecchia velocemente, l’età media è aumentata di due anni rispetto al 2011 passando da 43 a 45 anni e oggi si contano 2,2 milioni di persone sopra gli 85 anni. Il numero di anziani per bambino è passato da meno di uno del 1951, a 3,8 nel 2011, a 5 nel 2019: attualmente, per ogni persona con meno di 15 anni ci sono 5 persone con più di 65 anni, mentre nel 1951 per ogni persona con meno di 15 anni c’era meno di una persona con più di 65 anni. (dati report Istat 2019). L’allungamento dell’aspettativa di vita è sicuramente una cosa bella e positiva ma, all’interno di una comunità civile nella quale cerchiamo di essere tutti fratelli e sorelle, dovremmo cercare un equilibrio tra le risorse che sono investite per le diverse fasce generazionali, con uno sguardo prospettico verso il futuro. Il peso degli investimenti nel campo della sanità dovrebbe mantenere l’equilibrio con quelli per l’istruzione, come pure le risorse che la sanità dedica alle persone giovani e alle persone anziane, i programmi di sostegno alla natalità dovrebbero mantenersi in equilibrio con quelli per gli ultraottantacinquenni e per il fine vita, con una sempre più attenta ponderazione sull’utilizzo dei trattamenti intensivi, commisurati alla aspettativa e alla qualità di vita. Nell’accompagnare i nostri anziani nell’ultima parte della loro vita, non possiamo permetterci di ipotecare e compromettere il futuro delle prossime generazioni.

«Fratelli tutti», in questa casa comune che è la Terra

Il cambiamento climatico è una realtà, che forse l’emergenza Covid ha oscurato, ma non cancellato. Il riscaldamento globale sta provocando fenomeni meteorologici e impatti sull’ambiente naturale di una intensità mai vista nella storia, sconvolgendo gli ecosistemi e intaccando seriamente la biodiversità, i pilastri sui quali si regge e si sostiene la nostra vita, distruzioni a cui si accompagnano sofferenze, perdita di vite animali, vegetali e anche umane. Per evitare che la situazione precipiti è necessario limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi e per raggiungere questo obiettivo è fondamentale ridurre drasticamente l’emissione di biossido di carbonio e degli altri gas serra nel giro di pochissimi anni, eliminando l’utilizzo dei combustibili fossili. Oltre al riscaldamento globale, frutto dell’inquinamento dell’aria, guardiamo ogni giorno alla nostra sorella acqua e alla nostra madre terra, sistematicamente violate e invase dai rifiuti e dalla plastica che in esse riversiamo. Papa Francesco ci ha fortemente richiamati all’urgenza di una visione olistica dell’ecologia attraverso l’enciclica «Laudato Si’», ma l’inerzia dei governi a reagire e a farsi carico praticamente della situazione è molto grande, come lo è l’indisponibilità di molti a limitare i propri consumi e a modificare le proprie abitudini per un bene più grande. Quale pianeta Terra consegneremo alle generazioni future?

Penso che la vera tentazione di questo momento pandemico sia forse quella di attraversare questo tempo come sospesi e in attesa di tornare al mondo del pre-Covid, di vivere una parentesi che prima o poi passerà, rassegnati a inquinare l’aria, l’acqua e la terra come prima, rassegnati a essere inevitabilmente parte di un sistema economico che arricchisce i ricchi a spese dei poveri come sempre, rassegnati ad una umanità sempre più vetusta.

L’Evangelo è sempre un nuovo e grande progetto di vita, un progetto, che in termini di collettività diventa politico. In questo tempo drammatico di pandemia ci è data l’opportunità di cogliere l’occasione per cercare di costruire un modo nuovo. Sorelle e fratelli tutti per noi comunità cristiana diventa forse un impegnativo progetto politico per la vita presente e futura.

Andrea Campoleoni
Presidente di CELIM