A cinque mesi dalle tremende scosse di terremoto che hanno colpito il Sud della Turchia e la Siria, la situazione sul campo è ancora critica. Le popolazioni sopravvissute alle scosse del 7,9 e del 7,8 grado della scala Richter sono ancora alloggiate in tende in vasti campi profughi. “In Turchia – spiega Giulia Longo, operatrice CELIM della rete Caritas in Turchia -, le condizioni sono difficili. L’avvento dell’estate ha portato il caldo e, con esso, la vita sotto le tende è diventata insopportabile. A risentirne maggiormanete sono le donne, i bambini e i portatori di disabilità. Le fonti idriche sono scarse e mantenere una condizione igienica accettabile è sempre più complesso. I centri sanitari sono pochi e molti non hanno gli specialisti necessari. Mancano i farmaci, anche quelli più importanti per la gente”.

Questa situazione costringe le autorità e le organizzazioni a concentrarsi ancora sulle emergenze piuttosto che su progetti di ricostruzione e rilancio delle aree terremotate. “La situazione è difficile – continua Giulia -. Insieme alla Mezzaluna Rossa (l’equivalente islamico della Croce Rossa, ndr) abbiamo organizzato distribuzione di cibo, kit di igiene, beni di prima necessità. La popolazione è provata, chi può lascia le aree. I più bisognosi ei più poveri però restano. Il contesto potrebbe peggiorare con il rientro dei rifugiati. Le necessità potrebbero ancora aumentare”.

Eppure in questi mesi è stato fatto molto. La Caritas Turchia ha aiutato 14.569 persone, tra le quali 4.536 donne e 6.021 bambini. Sono state supportate 2.861 famiglie. “In totale – osserva Giulia – abbiamo distribuito 9.600 pasti nell’area di Iskenderun e 16.437 nell’area di Mersin, dove operiamo da mesi. Abbiamo anche distribuito 182 confezioni di pannolini e 4.140 kiti igienici”.

Nonostante questa situazione sul campo, Caritas Turchia sta progettando un intervento che permetta il rilancio delle attività produttive. “A settembre – conclude Giulia – lavoreremo per avviare un progetto di microcredito per sostenere allevatori, agricoltori, artigiani. Metteremo loro a disposizione piccole somme per acquistare bestiame, foraggio, per riattivare piccole attività (sartorie, barberie, ecc.). Abbiamo poi a disposizione alcuni container che cercheremo di installare per aiutare le famiglie a uscire dalle tende. Di fronte a questa situazione le autorità sono disponibili a favorire l’intervento delle Ong anche perché le organizzazioni pubbliche stanno iniziando a fare fatica a rispondere alle crescenti esigenze. Serve l’aiuto di tutti”.