Non ho mai fatto il volontario internazionale e gli amici di CELIM me lo rinfacciavano spesso, bonariamente. La storia, o Provvidenza per chi ci crede, ha voluto diversamente e come sempre va accettata e ringraziata per quanto ci ha dato. Ho però avuto la fortuna e il privilegio di recarmi tante volte nei Paesi dove CELIM conduceva progetti di sviluppo: Zambia soprattutto (quasi ogni anno per oltre 20 anni), ma anche Kenya, Costa d’Avorio, Mozambico, Albania, Kosovo, oltre a Paesi visitati per altre Ong: Tanzania, Camerun, Sierra Leone, Congo, Turchia, Libano.

Sono sempre state brevi missioni di poche settimane, ma sempre ricche di contatti, emozioni ed esperienze. Umane soprattutto, che sono poi le più importanti e arricchenti. Ricordo ancora il mio primo viaggio in Zambia nel 1985, nella valle dello Zambesi, dove mi sentii letteralmente catapultato in un altro mondo! L’impatto con la realtà rurale africana fu fortissimo e ricordo che pensai: solo venendo qui si capisce cos’è questo mondo, se te lo raccontano e mostrano in foto o filmati è diverso. Devi sentire gli odori, i profumi, sentirti addosso gli occhi spalancati di decine e decine di bambini, vivere il ritmo coinvolgente e irresistibile della loro musica, stupirti della loro semplicità e ospitalità assieme, restare senza fiato sotto un cielo notturno stellato da paura, dopo un tramonto veloce di un sole rosso. Quella prima volta poi fu a dicembre, con Carla Gussoni, pediatra (anche delle mie figlie) e cara amica di quegli anni; tornammo a Milano a ridosso del Natale, con la città addobbata a festa, piena di luci e negozi strapieni di tutto. Il contrasto con quanto visto e vissuto fino al giorno prima in Zambia fu scioccante e una lezione di vita.

Delle tante missioni di valutazione fatte in Zambia, Costa d’Avorio, Mozambico ecc. ricordo i momenti condivisi con i volontari, sempre belli. Daniele, ricordi ancora le partite a bridge con Roberto Minotti e il suo incomprensibile “palo alla sesta”? O quando spiegavo che il geco sul tavolo, dopo un mio colpo, si fingeva morto e dopo mezz’ora era sempre immobile e ormai freddo stecchito?! O a inseguire il galletto che pieno di testosterone entrava da noi attratto dalle galline e poi finiva esangue? Però ricordo anche il dolore di quando andai al funerale di Christine, morta in un incidente stradale come tanti, ahimè, in quei Paesi dove strade, veicoli e guidatori lasciano troppo spesso a desiderare.

E le infinite discussioni con i missionari per mantenere un approccio “laico” ai nostri interventi, non assistenzialista e rispettoso dei tempi e dei modi loro. E i viaggi lunghi e sobbalzanti sul cassone delle jeep (allora si era anche noi più poveri) e il giovane di Lusitu dimenticato chiuso nel cassone assieme a un caprone per tre ore! Ci abbiamo riso per una sera, lui però un po’ meno. O il pranzo offertoci da una famiglia di Subcentre consistente in topi “alla diavola”: belli schiacciati piatti in una padella e arrostiti. Quella volta non avevo molto appetito e gustai di più le formiche volanti abbrustolite.

Sono sempre tornato più ricco dentro di quando ero partito e ringrazio ancora oggi quanti allora incontrai là: locali, volontari, suore e missionari. Devo molto al CELIM e ho poi cercato negli anni di sdebitarmi almeno in parte assumendo alcuni incarichi di responsabilità, ovviamente sempre come volontariato. Ho avuto l’onore di presiedere il consiglio di CELIM per 21 anni e anche quegli anni sono stati ricchi di momenti di condivisione con altri soci della nostra Ong: alcuni belli, altri più difficili, con scelte a volte dolorose, ma fatte sempre nel tentativo di favorire l’organismo, la sua crescita e il successo del suo operato a favore di fratelli meno fortunati di noi, ma con gli stessi diritti.

CELIM ha un anno più di me ed è come un fratello maggiore, uno di famiglia… ovviamente interista!

Matteo Crovetto
Italia