Ho incontrato CELIM nel 1985 grazie a un amico, cercavano una persona per l’amministrazione. Allora esisteva un’unica dipendente part-time, Mariangela, assunta il mese prima e con la quale sarà subito feeling, e un consiglio direttivo costituito per la maggioranza da volontari rientrati. Il 1° aprile 1985 mi assumono, ho 27 anni e una bimba di un anno e mezzo, non sarà uno scherzo, ma è stato comunque l’inizio di una bella e ricca avventura.

In quel momento partivano giovani coppie mosse da spirito umanitario, dal desiderio di cambiamento, di giustizia. Ricordo “il mandato missionario” ai partenti allo stadio di  San Siro, giovani fra i giovani, tifo da stadio, lo Spirito soffiava.

Lo stile di CELIM è l’incontro con l’altro, con culture diverse, l’ascolto, senza pretesa di imporre, ma con la voglia di affiancarsi di portare la propria professionalità e metterla al servizio di chi è più svantaggiato per giungere a un vero sviluppo pensato e agito insieme. Sicuramente un arricchimento vicendevole. Famiglie che incontrano famiglie con gioie e dolori da condividere.

In Africa partiranno i primi progetti, poi CELIM si aprirà ad Asia, Est Europa, ecc. Nel tempo la cooperazione è cambiata, l’impegno richiesto dai finanziatori dei vari programmi è diventato più esigente, il personale impiegato è diventato più tecnico ed esperto di settori specifici, la figura del volontario viene perlopiù sostituita da quella del cooperante, ma lo stile resta e il rapporto con la popolazione locale rimane prioritario anche in vista di lasciare in mano ai responsabili locali formati le varie attività intraprese, questo è il vero obiettivo di CELIM, non costruire “cattedrali nel deserto”.

Ora che il mio impegno lavorativo è terminato, per raggiunti limiti di età, proseguo come volontaria perché mi sono sempre considerata più socia che lavoratrice e questo filo conduttore mi fa restare nella famiglia CELIM a dispetto di chi afferma che il luogo di lavoro non possa essere una famiglia.

Buona vita a CELIM oltre i 70 anni, buona vita a tutti noi che lo abbiamo vissuto e amato.

Luisa Ranzani
Italia