L’inverno è stato difficile nelle zone terremotate del Sud della Turchia. Il freddo, la pioggia, le scosse sismiche hanno complicato la vita della popolazione locale. E l’emergenza, che si pensava superata dopo il sisma del 6 febbraio 2023, che ha fatto 60.000 vittime, 121.000 feriti e più di cinque milioni di sfollati, è invece continuata. “A un anno di distanza speravamo di mettere in campo progetti di sviluppo – chiosa Giulia Longo, operatrice CELIM della rete Caritas in Turchia -, invece stiamo ancora rispondendo alle necessità base della gente. Stiamo ancora distribuendo cibo, acqua pulita, kit igienici, vestiti coperte”. Dopo un’estate torrida, l’inverno è stato piovoso. L’acqua caduta sul terreno scosso dal terremoto ha provocato alluvioni che hanno causato disagi continui ai terremotati che vivono nei container. Il freddo poi ha colpito duramente la gente. “Se questa estate abbiamo distribuito frigoriferi e ventilatori – continua – oggi stiamo distribuendo stufe, coperte, materiali igienici. Abbiamo anche aiutato le persone che sono rimaste nei villaggi più isolati e che non vuole lasciare la propria terra, la propria casa e il bestiame (unica fonte di sopravvivenza)”.

È difficile cogliere aspetti positivi in una situazione così complessa, ma John Sadredin, il direttore della Caritas diocesana, ci prova: “Posso dire che il terremoto ha avuto un aspetto negativo legato alle morti e le distruzioni, ma anche degli effetti positivi creando unità e fraternità nella nostra comunità. Tante persone infatti hanno iniziato fin dal primo istante a venire in chiesa mettendosi a disposizione. Voglio sottolineare che tanti di questi avevano perso la casa, ma si sono presentati da noi per mettersi a servizio degli altri. Il primo mese sicuramente è stato quello più duro, eppure avevamo 37 nuovi volontari fissi dalle 6.30 del mattino alle 23.00 ogni giorno per aiutarci a preparare i pacchi alimentari da distribuire alle famiglie. Un altro episodio bello è quello di alcuni rifugiati che sono stati in passato nostri utenti e che invece in questa situazione di difficoltà hanno realizzato fra loro una piccola colletta di prodotti e li hanno inviati qua per la distribuzione. Queste sono cose bellissime che fanno vedere che il cuore dell’uomo non è indifferente. Alla gente interessa, eccome, la situazione degli altri!”.

John sostiene che, grazie agli aiuti che giungono dall’estero e con l’attivazione della comunità locale stessa, piano piano ci la comunità di sta rialzando. “Speriamo, attraverso tanti progetti nel futuro di poter aiutare le persone a ritrovare lavoro e dignità: l’importante oggi è superare i traumi”.

In questi dodici mesi sono state aiutate 20.000 persone e tra le sei e le famiglie. Dal 6 febbraio 2023 la terra non ha smesso di tremare. “Le scosse sono continue – conclude Giulia -. Le persone sono stanche psicologicamente. Tra alluvioni, terremoti, caldo feroce e freddo intensi non ne può più. Il peso psicologico è molto forte. Noi cerchiamo di stare loro vicino offrendo anche assistenza psicologica e vicinanza umana”.

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