Il progetto intende promuovere un modello di agricoltura sostenibile, di qualità e attento ai cambiamenti climatici per la filiera del caffè nelle contee di Kiambu e Embu, in Kenya, aumentando il reddito di oltre dodicimila produttrici e produttori e di quattro cooperative. Agisce migliorando efficienza, sostenibilità e qualità della produzione, introducendo buone pratiche di governance, riducendo l’impatto ambientale delle cooperative di trasformazione e potenziando le capacità delle stesse di sfruttare le opportunità offerte dal mercato locale
Aumento del 51% del reddito medio dei piccoli produttori di caffè
Crescita del 75% della resa della produzione di caffè per ettaro
Aumento dello 0,5 % della quota del prodotto sul mercato locale
Era il 1897 quando i coloni inglesi decisero di provare a coltivare caffè nella contea di Kiambu, in Kenya. Grazie alle condizioni climatiche favorevoli, la produzione è cresciuta fino a diventare uno dei maggiori prodotti agricoli destinati al commercio estero.
Oggi il comparto conta 800.000 piccoli produttori affiliati a 500 cooperative. La rete di piccoli produttori detiene il 75% delle terre destinate alla produzione, contro le 3.000 aziende private che detengono il 25% delle terre, ma che contano una resa per ettaro maggiore, grazie a produzione intensiva e utilizzo di pesticidi e sistemi irrigui.
A partire dagli anni 2000 si è però verificato un decremento di due terzi della produzione perché la maggior parte delle piante sono ormai vecchie, quindi improduttive, e anche i suoli hanno perso fertilità, a causa dell’uso intensivo e dell’assenza di sistemi di irrigazione che hanno esposto le piantagioni a periodi di forte siccità. La mancanza di sviluppo di tecniche di coltivazioni più efficaci e sostenibili, a causa della mancanza di formazione che non ha poi permesso ai produttori di diminuire i costi di gestione delle piantagioni, migliorare resa e trattamento dei suoli.
Le cooperative, alle quali i produttori di caffè sono associati, si occupano del processo di prima trasformazione del caffè. Le cooperative sono tuttavia poco efficienti e male organizzate. La maggior parte dei direttivi sono formati da uomini tra i 50 e i 75 anni, non sono quindi rappresentati giovani e donne e non viene favorito un ricambio generazionale. I direttivi hanno sempre gestito le strutture attraverso vecchi modelli privi di strumenti tecnologici che non permettono una tracciabilità e una trasparenza della filiera in linea con gli standard internazionali. Mancano inoltre una visione strategica e incentivi per le cooperative da investire nella formazione, miglioramenti infrastrutturali e nuovi macchinari. Tutto ciò ha aumentato i costi di gestione, esponendo le coop a fenomeni di corruzione e indebitamento. Inoltre macchinari obsoleti e tecniche arcaiche di post produzione contribuiscono ad aumentare gli sprechi e l’impatto ambientale.
Esiste anche un problema di mercato. Il caffè keniano è uno tra i miglior caffè al mondo e il 90% della produzione è esportata sul mercato internazionale. I chicchi sono però poco valorizzati sul mercato locale perché molti consumatori pensano sia un prodotto coloniale e perché mancano competenze e attrezzature per la torrefazione locale. Siccome è difficile per le cooperative vendere sul mercato internazionale il caffè verde ed eludere il sistema di mediatori e broker, l’unico modo per incrementare le entrate è attraverso la promozione del consumo di caffè in loco, che ha visto una crescita, ma resta al di sotto delle proprie potenzialità.
Problemi sentiti dagli agricoltori che, come Francis, contadino della Contea di Kiambu, chiedono maggiore connessione tra i produttori diretti di caffè, enti governativi, enti di ricerca, enti commerciali e chiedono programmi di scambio tra produttori e stakeholder per aumentare la conoscenza e lo scambio di informazioni. O come James, un altro coltivatore, che punta il dito sul mercato che attualmente non garantisce buoni prezzi per i produttori. Ciò, a suo avviso, limita quegli investimenti (nuovi sistemi d’irrigazione o varietà di piante più produttive, ecc.) indispensabili per contrastare i cambiamenti climatici in atto.
Lawrence, un terzo agricoltore, crede che ci sia una grossa aspettativa relativa all’incremento dei guadagni dei produttori diretti e anche lui spera in un potenziamento del mercato locale, sia per avere accesso al caffè, sia, soprattutto, per avere più guadagni evitando gli intermediari presenti nel mercato che trattengono la gran parte dei profitti.
Il progetto interviene su tutte queste problematiche. Migliorando, anzitutto, le conoscenze dei produttori di caffè sia sulle tecniche di coltivazione delle piante, affinché siano resilienti ai cambiamenti climatici e resistenti alle malattie, sia sul trattamento e la resa dei suoli. Promuovendo l’apicoltura per produrre chicchi di caffè più grandi e di migliore qualità. Si scommette inoltre sulla crescita delle cooperative attraverso l’introduzione di tecnologie più efficienti ed ecofriendly che permettano nel medio-lungo periodo di diminuire le spese e aumentare i guadagni per le cooperative. Ma anche investendo sulla formazione gestionale e la digitalizzazione. Si incentiva, infine, il consumo locale, creando anche nuovi prodotti derivanti dallo scarto organico della lavorazione a umido (biscotti e farina di cascara), formando donne e giovani nella selezione e trasformazione del caffè e avviando piccole torrefazioni locali di caffè da parte delle cooperative stesse.
Il progetto agisce su tre livelli:
Titolo del progetto
Caffè corretto: sviluppo di una filiera del caffè sostenibile, inclusiva e innovativa – AID 012590-07-9
Responsabile del progetto
Lara Viganò, kenya@celim.it
Date
1° gennaio 2023 – 31 dicembre 2025
Partner
IPSIA, Caritas Nairobi, Dedan Kimathi University of Tecnhnology, Kenya Coffee Platform, Association of Women in Coffee Industry
Attraverso un progetto integrativo, sostenuto da Fondazione Cariplo e Fondazione San Paolo, si intendono avviare quattro campi dimostrativi di caffè presso le cooperative beneficiarie per incentivare l’adozione tra gli agricoltori di tecniche innovative e tecnologie applicate che portino ad un aumento della produzione, una riduzione dei costi ed un generale miglioramento ambientale.
Il sistema tecnologico FarmShield prevede, tramite sensori alimentati a energia solare, di raccogliere informazioni sulle condizioni del suolo e dell’atmosfera in tempo reale che vengono abbinati con dati meteorologici e della coltura per fornire agli agricoltori sia informazioni su condizioni delle piantagioni, del terreno e delle rese agricole sia raccomandazioni per migliorare le proprie produzioni.
Ci si pone l’obiettivo di ridurre di circa il 25% l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e migliorare la qualità del suolo e dei chicchi di caffè in 4 campi dimostrativi.
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