Jamila con i suoi 4 figli nel campo profughi di Dbayeh ©Caritas Lebanon
  • Donne e Libano, elementi comuni di due distinti interventi di aiuto, nati da un progetto unico.
    In collaborazione con Caritas Lebanon aiutiamo le donne siriane rifugiate dai territori di guerra con i loro figli e sosteniamo le donne migranti economiche provenienti da diversi paesi, bloccate in Libano loro malgrado.
    Dignità perduta e diritti negati accomunano queste donne, al di là delle loro storie individuali.

    Obiettivi di progetto: erogazione di beni primari e kit di sopravvivenza, assistenza socio-psicologico-sanitaria, integrazione, alfabetizzazione e istruzione nel campo profughi di Dbayeh a Beirut; sostegno psico-socio-legale e abilitazione professionale nei Centri Pine e Olive nei pressi della capitale.

  • 300 minori
    ricevono aiuti umanitari ogni anno

    3000 donne migranti
    accolte e assistite ogni anno

    4000 siriani e palestinesi
    beneficiari delle attività nel campo di Dbayeh

Le rifugiate siriane di Dbayeh

Ho visto donne con uno sguardo perso nel vuoto del ‘chissà’.
Le più fortunate si sono tenute strette un sacchetto con qualche effetto personale nel viaggio. I vestiti erano una seconda pelle, logora; le loro suole, strati consumati a calpestare terre non più loro.
Dal 2011 le guerre civili in Siria hanno reso il Libano luogo di confine dagli equilibri precari, già abitato da migliaia di altri profughi, frutto delle precedenti guerre limitrofe.

Queste persone si chiamano rifugiate perché non hanno più una casa.

Moltissime hanno con sé uno, due, tre e più figli. Nel campo profughi di Dbayeh oggi si contano circa 80 famiglie siriane: 100 donne e 100 minori. Devono fronteggiare una convivenza tutt’altro che scontata con la comunità libanese, ma anche palestinese, accolta nel campo sin dagli anni ’50, e misurarsi ogni giorno con la fatica dell’accettazione e dell’integrazione. In tutto cinquecentoventisette, tra donne e minori presenti nel campo, sono oggi accolti, nutriti, curati, protetti.

Dal 2011 migliaia di siriani sono in fuga dal loro Paese ©Caritas Lebanon

Hanno cancellato migliaia di persone dalle cartine geografiche. Ma non sono morte.

Le migranti degli Olive e Pine Shelter

Si dice che le donne hanno coraggio da vendere. E ci vuole coraggio a volersi rialzare dopo aver subìto l’illusione di un lavoro dignitoso e la possibilità di inviare risparmi alla famiglia. Puoi scorgere ogni giorno i segni di abusi e violenze ormai sedimentati sulla pelle. Del resto, succedeva ogni giorno, da quando queste donne etiopi, filippine e di altri paesi economicamente precari sono arrivate in Libano tratte in inganno dal miraggio di un lavoro semplice ma sicuro, ritrovandosi invece isolate dal mondo,deprivate di passaporto e tenute schiave nelle mura dei loro ‘datori di lavoro’. Nessuna tutela legale per loro, nessuna speranza di salvezza.
Costoro si relazionano timidamente tra loro, lo vedi che ancora non credono alla fine della loro schiavitù.

  • Jorina Al-Emran
    emigrata dal Bangladesh
  • Pensavo di rimanere segregata vita senza poter riabbracciare la mia famiglia. Invece succederà.

In 3 anni contiamo di ospitare circa 9000 donne negli shelter Olive e Pine, dove,da 20 anni, Caritas accoglie lavoratrici domestiche scappate dai loro aguzzini e che qui ricevono una riabilitazione generale insieme all’assistenza per tornare a casa. Queste persone un giorno torneranno dalle loro famiglie.

Ragazze dal Bangladesh, dall’Etiopia e dalle Filippine ora recluse in Libano

Volevano solo essere domestiche e sono diventate prigioniere senza diritto alla libertà.

È  passato qualche tempo. Risveglio dopo risveglio abbiamo imparato a conoscerci. Ogni giorno è un ‘chissà’ ma, ora, capita di percepire delle coordinate in più, ci si sente meno soli. E non solo da un punto vista psicologico.
Oggi, nei rifugi, il tempo scorre più deciso, scandito da appuntamenti destinati a ciascuno di loro. Girando nei campi scorgi gruppetti di bambini intenti a seguire lezioni di lingua o di computer. Qualche ora dopo incontri sguardi attenti a prendere consapevolezza che stasera, per cena, i loro figli riceveranno un pasto caldo, come ieri. E domani? Anche.

Ogni giorno proviamo a ridare il diritto al risveglio a centinaia di donne e bambini, preparandoli alla libertà.

Fatima con i figli, dalla loro casa in Siria al campo profughi in Libano ©Caritas Lebanon

Fatima con i figli, dalla loro casa in Siria al campo profughi in Libano ©Caritas Lebanon

A volte puoi sentire in sottofondo un chiacchiericcio di ragazze che si raccontano fitto fitto: stanno condividendo l’esperienza, stanno affrontando il trauma.
Alcune donne compongono bigliettini artigianali e non è un passatempo: stanno imparando un mestiere. Un giorno riavranno quel passaporto che è stato loro negato per tutto questo tempo e potranno costruirsi una vita con le proprie risorse.

Parte del nostro percorso psico-sociale affronta il conflitto e mira all’integrazione, a partire dalla promiscuità che caratterizza quei campi che da anni accolgono iracheni e palestinesi e che oggi rispondono anche all’emergenza dei rifugiati siriani.
L’altro giorno un bambino siriano tirava il pallone ad uno palestinese.
In certi giorni ognuno sembra essere al suo posto e si va avanti.

  • Mi chiamo Alice Contini, ho 27 anni e sono la responsabile del progetto in Libano.
Scorcio di un campo profughi nella periferia di Beirut ©Caritas Lebanon

I campi non devono essere un'altra guerra quotidiana

Sintesi schematica del progetto

CELIM, in collaborazione con Caritas, contribuisce a tutelare i diritti fondamentali di rifugiati siriani e donne migranti in Libano attraverso:

  • distribuzione di aiuti umanitari e cure mediche
  • assistenza socio-psicologica e sessioni di risoluzione dei conflitti
  • attività psico-sociali per bambini siriani, palestinesi e iracheni
  • realizzazione di un centro diurno all’interno del Campo profughi di Dbaye per circa 200 donne e 327 minori rifugiati in 3 anni, e attraverso:
    – ristrutturazione di un Centro di accoglienza
    – fornitura di aiuti umanitari di base
    – sostegno psicologico e consulenza legale
    – corsi di lingua inglese/araba, attività di formazione professionale e ludico-ricreative per circa 9000 donne migranti in 2 Centri in 3 anni.
Finanziatori del progetto
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