Lavorare con i disabili in Africa è un impegno complesso. Bisogna aiutarli a crescere e a crearsi una propria autonomia. Ma è necessario anche impegnarsi nella società per eliminare lo stigma che circonda il mondo della disabilità. Ne abbiamo parlato con Tommaso Sartori, project manager di CELIM in Zambia. Coordina «Disability», un progetto che guarda al mondo dell’handicap e cerca di migliorare l’offerta educativa (garantendo un’istruzione di qualità, strutture adeguate e insegnanti preparati), aumentare le opportunità lavorative e garantire un’adeguata assistenza sanitaria.
«Lo sforzo per migliorare le condizioni di vita dei disabili – indispensabile – osserva Sartori -, ma ad esso va aggiunto un lavoro continuo di sensibilizzazione in ambito famigliare e comunitario per ridurre i pregiudizi e le discriminazioni che gravano ancora sui diversamente abili».
In Zambia è ancora forte lo stigma sociale nei confronti del mondo dell’handicap. La disabilità è vista come il frutto di una maledizione, di una sorta di stregoneria. Quindi le famiglie tendono a nascondere i figli disabili. Ed è anche per questo motivo che nel Paese non si conosce il numero esatto di chi ha problemi mentali o fisici permanenti.
Disabilità senza vergogna
«Lo zambiano medio – continua Sartori – non discrimina l’handicappato. Mi è capitato spesso di vedere uomini e donne avvicinare i disabili, parlare con loro, avere con essi un rapporto sereno. Detto questo, nelle famiglie c’è ancora un senso di vergogna, forse di disagio, che fa sì che di disabilità non si parli e che le persone con handicap siano relegate al mondo della casa».
Lo Stato fa quello che può. In Zambia esiste una legge (Disability Act 2012) che dovrebbe aiutare la famiglie e i disabili. La mancanza di fondi ha fatto sì che questa norma sia completamente disattesa e manchino quindi mezzi, infrastrutture, formazione specifica.
Per superare questa situazione, il progetto prevede una collaborazione con il ministero della Sanità per realizzare attività di sensibilizzazione attraverso conferenze. «Stiamo inoltre attivando – conclude Sartori – una serie di incontri in vari quartieri appoggiandoci alle parrocchie. L’obiettivo è far passare un’immagine diversa della disabilità. Far capire che chi vive con un handicap è una risorsa per tutta la comunità e non una vergogna da nascondere».