È una delle ultime aree selvagge e incontaminate dell’Africa australe. A scoprirla non sono stati esploratori con il caschetto coloniale accompagnati da lunghe colonne di portatori, ma Google Earth. Sì, avete letto bene.

Scoperta per caso

Tutto è avvenuto per caso. Nel 2005 uno scienziato britannico, specializzato nello studio della conservazione della flora, sta navigando in Google Earth per verificare siti da esplorare nelle foreste pluviali africane. Durante la ricerca Julian Bayliss, così si chiama lo scienziato del Kew Royal Botanic Gardens di Londra, si imbatte, per puro caso, nelle fotografie aeree di un’area montagnosa chiamata Monte Mabu, un picco che sovrasta la savana centrale del Mozambico.

Il biologo rimane colpito dal fatto che quest’area di 70 chilometri quadrati di foresta pluviale di media altitudine, la più grande dell’Africa, non è mai stata visitata né, tanto meno, studiata. L’inaccessibilità della zona e la guerra civile durata anni ha impedito una esplorazione completa. Così, Bayliss organizza una squadra di esperti e si reca nella zona del Monte Mabu.

Una volta arrivato nell’area trova di fronte a sé un paesaggio incantato, ricchissimo di specie animali e vegetali, tra cui alcune in pericolo di estinzione e altre mai catalogate. Tra queste, una nuova specie di camaleonte nano, un granchio di acqua dolce, pipistrelli, scorpioni e tre serpenti.

Miele di qualità

Un ambiente ricco di biodiversità e incontaminato. Èd è proprio nei pressi di questa oasi naturalistica che CELIM, nell’ambito del suo progetto Agrismart, ha posizionato 600 arnie per apicoltura, ha avviato due centri di lavorazione del miele legato alla Cooperativa locale Cizenda Tae e ha promosso corsi di formazione per 100 apicoltori.

Il miele prodotto da api libere di volare in un habitat puro non può che essere di altissima qualità. Potrà così avere un buon riscontro sul mercato producendo benefici economici per tutta la comunità.

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