Per l’Africa la plastica non è un problema, è un dramma. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, ogni anno otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscono negli oceani, di questi 4,4 tonnellate si trovano nei mari che circondano il continente africano.
Ambiente contaminato
«La plastica e la gestione dei rifiuti in generale – spiega Mohamed Atani, responsabile continentale dell’Unep (agenzia ambientale delle Nazioni Unite – sono una questione molto seria che non va trascurata e sulla quale dobbiamo impegnarci tutti e a tutti i livelli».
Bottiglie, sacchetti, piccoli oggetti vengono abbandonati e rimangono per anni nel terreno. Dal terreno spesso penetrano nelle falde e nei fiumi e da qui nei mari. La diffusione di plastica e microplastica è pericolosa perché inquina l’ambiente e danneggia la salute umana e degli animali. Di fronte a questo fenomeno, l’Africa non è immobile.
Nella 4a assemblea dell’ambiente che si è tenuta a marzo in Kenya, 170 membri delle Nazioni Unite, tra i quali moltissimi Paesi africani, hanno firmato un documento in cui si chiede di accelerare verso un nuovo modello di sviluppo per rispettare gli Obiettivi di sviluppo 2030 (nei quali ci si propone di garantire modelli di consumo e produzione sostenibili, salvaguardare gli oceani, i mari e le risorse marine per un loro sviluppo sostenibile, proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione sostenibile delle foreste, combattere la desertificazione, fermare e rovesciare la degradazione del territorio e arrestare la perdita della biodiversità). Le nazioni hanno poi deciso di ridurre significativamente i prodotti di plastica monouso come piatti, posate, bicchieri, tazze e borse di plastica.
I Paesi non sono immobili
Anche i singoli Paesi, da qualche tempo, si stanno muovendo. Nel 2017, il Kenya ha proibito, con un provvedimento molto severo, l’utilizzo dei sacchetti di plastica in linea con le scelte adottate da Eritrea, Tanzania, Ruanda e Mauritania. Nel 2015, in Mozambico è stata approvata una legge che limita la produzione, la commercializzazione e la distribuzione delle buste di plastica.
Proprio in Mozambico, CELIM, nell’ambito del progetto «Quelimane Limpa», sta lavorando per organizzare una raccolta differenziata più efficiente. Sul campo si stanno quindi migliorando i servizi di raccolta in carico all’impresa municipale principalmente attraverso la formazione degli addetti e la fornitura di mezzi e contenitori. Parallelamente si sta dando vita a microimprese legate alla gestione e al riciclaggio di rifiuti, in particolare di plastica, e a un centro per il trattamento della plastica. Tutto ciò però sarebbe vano se non venisse coinvolta la società civile locale. È per questo motivo che sono state organizzate campagne di sensibilizzazione e sessioni di educazione ambientale nelle scuole, oltre a essere distribuito materiale divulgativo.