«Nella nostra zona non ha fatto molti danni. Ma ha colpito forte a Nord. Lì sono andate distrutte le case costruite in modo precario e sono stati inondati i campi. Ci sono state alcune vittime ma, dalle notizie che abbiamo appreso, non sono così tante come quelle provocate da Idai». Così Marco Andreoni, rappresentante CELIM in Mozambico descrive il ciclone Kenneth che, ad appena un mese di distanza dal devastante passaggio di Idai, ha colpito il Mozambico. L’uragano Kenneth, classificato categoria 4, su una scala che arriva fino a 5, ha toccato terra, nella porzione settentrionale della nazione africana, giovedì 25 aprile.

I venti hanno battuto con raffiche fino a 280 km/h l’area tra Pemba e Mocimboa. Le cronache provenienti dalle zone colpite parlano di alberi abbattuti, case rovesciate e blackout. Secondo un primo, provvisorio bilancio, i morti sarebbero cinque e 15mila persone sono prive di un’abitazione e sono state sfollate in centri di raccolta.In questi centri occorrono tende cibo e acqua.

«L’impatto sulla popolazione è stato inferiore rispetto a quello che ha causato Idai sulla provincia di Beira – spiega Giovanna De Meneghi, country manager di Cuamm, Medici con l’Africa in Mozambico –. A mio parere per due motivi. Anzitutto perché il Nord è meno densamente popolato. In secondo luogo, perché qui le capanne sono costruite con fango e paglia. Vento e acqua le hanno distrutte, ma non ci sono stati danni collaterali come a Beira dove i tetti in lamiera sono finiti addosso alle persone, uccidendole».

Il ciclone Kenneth, nella giornata di mercoledì, era già passato sulle Isole Comore, lasciando dietro di sé tre vittime e danni. Secondo quanto riferito dagli esperti, l’uragano ha trovato «condizioni favorevoli per il proprio sviluppo, in particolare a causa delle temperature del mare più calde del normale». Quindi ha potuto incrementare la propria potenza, assumendo «caratteristiche estremamente rare» per la zona.

Le Nazioni Unite temono in particolare inondazioni e smottamenti della provincia di Cabo Delgado, alla frontiera con la Tanzania. Le previsioni indicano che la tempesta dovrebbe rimanere attiva per numerosi giorni: gli accumuli di pioggia potrebbero così raggiungere e superare i 600 millimetri. Ovvero quasi il doppio della quantità di acqua caduta in dieci giorni nel corso del passaggio del ciclone Idai.

«Adesso – conclude Andreoni -, la paura è che straripino i fiumi. Alcuni, i principali, erano già gonfi d’acqua perché siamo alla fine della stagione delle piogge. Si parla comunque di un’area al Nord di quella in cui noi abbiamo attivati i nostri progetti che, al momento, non hanno subito ricadute pesanti per effetto di Kenneth».

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