A settembre prenderà il via ufficialmente il progetto, al quale collabora anche CELIM, a favore dei coltivatori di olive del Distretto di Hasbaya, in Libano. Intanto però sono iniziati i sopralluoghi e gli incontri tra i responsabili della nostra Ong e i partner locali. In questi giorni, una delegazione di CELIM sta visitando la zona per incontrare i potenziali beneficiari. «Il Distretto di Hasbaya – spiega Davide Raffa, direttore CELIM – è nel Sud del Libano. È una zona controllata da Hezbollah, il partito degli sciiti libanesi. Per anni, la regione è stata occupata dalle forze armate israeliane, che ne avevano fatto una zona cuscinetto per evitare attacchi improvvisi al loro Paese. Questa occupazione ha isolato l’area e non ne ha favorito lo sviluppo».

Olio e ambiente

Il distretto ha però buone potenzialità. Si producono infatti grandi quantità di olio. La produzione però sconta le difficili condizioni in cui, anche dopo la fine dell’occupazione israeliana, vive la regione. «L’area continua a essere isolata – osserva Raffa -. È come se il Libano non la sentisse ancora veramente sua. Mancano vere politiche agricole che favoriscano la crescita del settore delle olive e dell’olio». Le tecniche di coltivazione vanno migliorate. Non esistono controlli di qualità sull’olio. Così solo una piccola parte della produzione viene venduta, la gran parte invece rimane nei magazzini. A ciò si aggiunge un serio problema ambientale. Gli scarti della lavorazione della filiera vengono riversati, senza essere smaltiti, nel fiume Hasbani o sui terreni agricoli. L’inquinamento è quindi elevato a fronte di un’attività economica che rende poco o nulla.

«Il progetto che partirà a settembre – continua Davide Raffa – ha tre obiettivi fondamentali: migliorare l’efficienza produttiva, creare uno stabile accesso ai mercati estero e interno, ridurre l’impatto ambientale. Noi pensiamo che attraverso un miglioramento dei processi di coltivazione e produzione di olio e attraverso una certificazione chiara, il prodotto possa avere un buon mercato. Tutto ciò non può prescindere da un’attenzione all’ambiente senza la quale anche il processo di produzione potrebbe essere compromesso».

Rilancio possibile

Il progetto, realizzato in collaborazione con Ingegneria senza Frontiere e Chico Mendes Onlus, ha come controparti locali El Khalil Foundation, Lebanon Agricultural Research Institute. Si lavorerà per migliorare le condizioni di 2.935 contadini delle aree rurali del Sud del Libano. In particolare, si collaborerà con undici cooperative (di cui due di donne) e dieci frantoi. «In questi giorni – conclude Davide Raffa -, stiamo incontrando non solo i potenziali beneficiari, ma anche i piccoli e medi operatori economici del luogo che lavorano nel settore agricolo e della trasformazione dei prodotti. Ieri, per esempio, abbiamo visitato la sede di una cooperativa di donne che produce canditi, mostarda di zucca, sottoli, liquori, ecc. Tutto ciò dimostra una certa vitalità del territorio che è una buona base per il rilancio. L’olio della zona è famoso in tutto il Libano, crediamo che, grazie al nostro impegno, insieme ai contadini locali, potremmo valorizzalo e grazie a esso potremmo promuovere la crescita di una zona oggi emarginata».

Amin, un olivicoltore di Hasbaya (Libano), insieme a Davide Raffa, direttore di CELIM
Lo staff di CELIM in Libano insieme ad alcuni operatori della Mount Beit Food Processing Cooperative
Due operatrici della Mount Beit Food Processing Cooperative
Uno dei responsabili della Mount Beit Food Processing Cooperative
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