«Non lasciatevi mai imprigionare nella cella buia di un cuore senza speranza, non cedete alla rassegnazione», è l’appello che papa Francesco ha rivolto domenica, 15 settembre, ai carcerati, agli uomini e alle donne della polizia penitenziaria, ai cappellani e ai volontari che lavorano nelle prigioni. Il pontefice ha chiesto di non soffocare mai la «fiammella della speranza» e di garantire «prospettive di riconciliazione e reinserimento» a chi è detenuto e paga il debito con la società facendo i conti con gli sbagli del passato.
Francesco ha insistito molto sul rispetto della dignità di chi è in prigione. Rivolto agli agenti della polizia penitenziaria ha detto: «Non dimenticatevi, per favore, del bene che potete fare ogni giorno. Il vostro comportamento, i vostri atteggiamenti, i vostri sguardi sono preziosi. Siete persone che, poste di fronte a un’umanità ferita e spesso devastata, ne riconoscono, a nome dello Stato e della società, l’insopprimibile dignità».
Tra i problemi delle carceri, il pontefice segnala quello del sovraffollamento: «È un problema grande che accresce in tutti un senso di debolezza se non di sfinimento. Quando le forze diminuiscono la sfiducia aumenta. È essenziale garantire condizioni di vita decorose, altrimenti le carceri diventano polveriere di rabbia, anziché luoghi di recupero». Papa Francesco ha espresso parole dure anche contro l’ergastolo «una soluzione che chiude in cella la speranza».
Insieme ai carcerati in Zambia
CELIM sta lavorando nella direzione indicata da papa Francesco attraverso «La seconda occasione», un progetto rivolto ai detenuti dello Zambia. Il progetto ha due fasi distinte. La prima prevede l’avvio in sette prigioni di corsi professionali per i detenuti (elettricista, falegname, meccanico ecc.). Corsi che permetteranno ai detenuti di sviluppare capacità che ne favoriranno il reinserimento nella società.
Nella seconda fase saranno creati centri nei quali, una volta riguadagnata la libertà, gruppi di ex carcerati potranno lavorare insieme (anche in forma di cooperativa) e offrire ai concittadini i loro servizi come piccoli artigiani. In questo contesto saranno poi attivate azioni per la riconciliazione familiare e per l’accettazione da parte della comunità, favorendo l’incontro dei detenuti con i loro famigliari, con le vittime e offrendo loro servizi di counseling e follow up dopo il rilascio.
Perché, come ha concluso il papa, non si deve «compromettere il diritto alla speranza» e vanno sempre garantite «le prospettive di riconciliazione e di reinserimento».