Insulti. Urla. Odio. Ogni fine settimana i campi sportivi si trasformano in contenitori di odio. Un odio che poi si riversa nei social network, video, testate giornalistiche. I bersagli sono sempre gli stessi: atleti di etnia e fede diversa, campioni con la pelle scura, donne. Gli hate speech sono un’infezione che si sta diffondendo, neanche troppo lentamente, nella nostra società.

Per contrastare questo fenomeno, CELIM parteciperà a «Odiare non è uno sport», un progetto che fa leva su percorsi educativi nelle scuole e nelle società sportive per formare studenti e atleti a comportamenti improntati al rispetto reciproco e all’integrazione. L’iniziativa coinvolge, oltra alla nostra Ong, sette associazioni, insieme alla federazione sportiva Csen, alle agenzie formative FormAzione, Sit e Saa-School of management, Informatici senza frontiere e Tele Radio City. Le attività spaziano dalla creazione del «Barometro dell’odio nello sport», che intercetterà sui social media e le testate giornalistiche le discriminazioni e le azioni violente nello sport, all’attività di informazione, attraverso video, servizi fotografici, blog, un «dizionario del bullismo», spot radiofonici, social network; dai percorsi formativi nelle scuole alle attività di sensibilizzazione nelle società sportive.

CELIM, in particolare sarà impegnato in cinque scuole milanesi, attraverso percorsi ad hoc che faranno riflettere i ragazzi sul fenomeno dell’odio in campo sportivo e li aiuteranno a difendersi e nelle società sportive, con sessioni educative per prevenire l’hate speech e le sue conseguenze.

«Il progetto – spiega Silvia Jelmini, CELIM Scuola – è legato al mondo dello sport, ma ha una valenza più generale. È uno strumento per insegnare un linguaggio diverso e un nuovo modo per rapportarsi alla diversità di genere o etnica. Vuole essere un intervento per migliorare la qualità della convivenza in una società in cui le parole di odio sono troppo forti e diffuse».

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