Una rapina andata male. Un amico morto. L’arresto. È questo l’epilogo di una vita vissuta affidandosi all’illegalità. Phiri è stato condannato prima a morte, poi la pena è stata commutata in ergastolo e, infine, in 25 anni di carcere.

Oggi è un uomo nuovo. Rinfrancato dalla fede in Dio e sostenuto da «La seconda occasione», il progetto che CELIM sta portando avanti in Zambia per aiutare il reintegro nella società degli ex detenuti. Il programma si rivolge a 1.452 detenuti che devono scontare una condanna inferiore a 4 anni in sette penitenziari (Kaoma 140; Kalabo 133; Senanga 145; Mongu 482; Mumbwa 179; Mazabuka 305; Nakambala Approved School 68). Ad essi vengono offerte occasioni formative e professionali per aiutarli a reinserirsi nella vita civile.

Nella lettera che Phiri ha scritto c’è tutto il desiderio di reintegrarsi nella società, dopo aver scontato il loro debito con la legge.

Mi chiamo Duke Phiri e ho 48 anni. Sono una persona che cercava la vita dove non c’è vita. La mia esistenza passata può sembrare dolorosa, ma è ormai un capitolo chiuso. La mia esperienza mi ha portato a capire che alle persone che pensano troppo al passato mancheranno le opportunità future. Userò invece il mio passato per migliorare il mio futuro. Voglio fare della storia della mia vita uno strumento per sensibilizzare altre persone sui pericoli del crimine. Ho scritto questa storia per mettere in guardia i giovani e per dare speranza ai miei compagni di cella, speranza che hanno perso durante la detenzione. La cosa più importante nella vita è fare la cosa giusta agli occhi di Dio, della comunità e della società.

Primi anni di vita

Sono nato nel 1972 a Lusaka, sesto di otto figli. Vivevo nella township di Chaisa. Da giovane ho sempre cercato di comportarmi in maniera saggia, gentile, umile e timorata di Dio perché provenivo da una famiglia cristiana praticante. I miei genitori, ora defunti, mi hanno insegnato tante cose sulla vita e su come stare lontano dalle cattive abitudini: il crimine, l’abuso di alcolici e la dipendenza dagli stupefacenti. Non ho avuto l’opportunità di andare a scuola perché i miei genitori non avevano soldi sufficienti per far studiare tutti i figli. La mia era una famiglia povera che non era in grado di mettere in tavola tre pasti al giorno. I miei genitori non hanno mai prestato molta attenzione all’importanza della mia educazione. Io soffrivo molto nel vedere i miei amici che uscivano da scuola. Da ragazzo passavo la maggior parte del tempo con i miei genitori e le mie sorelle. I miei genitori sono stati l’unica fonte della mia felicità e oggi ne avverto fortemente la mancanza. Dio ha asciugato tutte le lacrime dai miei occhi e ho la fede e la speranza di incontrarli un giorno e di gioire con loro in Paradiso (Apocalisse 21: 3-4). È triste che i miei genitori siano morti mentre ero in prigione.
La mia vita è cambiata in tenera età a causa degli amici che frequentavo. La mia giovinezza è stata un inferno e posso dire di aver testato personalmente l’inferno sulla terra. Amavo le cose del mondo e la parola di Dio era diventata apparentemente inutile. Non riuscivo nemmeno a riconoscere il valore della Parola di Dio perché, pensavo, il Signore non era lì ad aiutarmi a uscire dalla povertà. Nel frattempo mi ero sposato e avevo avuto due figli. Il mio stipendio non era abbastanza per prendermi cura di tutta la famiglia. E, così, anche i miei figli non hanno avuto l’opportunità di andare a scuola a causa del mio basso salario. La povertà è una malattia e può indurre le persone a fare cose cattive. Per questo motivo ho iniziato a rubare per provvedere alla famiglia. Non mi rendevo conto che Dio fosse il nostro unico sostegno. Non ero devoto a Dio e il diavolo ha approfittato della mia situazione, mi ha usato e mi ha scaricato in prigione.

La mia vita con gli «amici»

Nella vita passata non ho mai realizzato che gli amici possono aiutarti a crescere o distruggerti. Nella mia vita passata, «giocavo» con persone attratte da cose e idee malvagie. Sono diventato talmente cieco da non notare nemmeno le conseguenze dell’abuso di alcol e di droghe e di altre brutte abitudini, come le risse e la violenza in generale. Vivevamo una vita piena di competizione e rancori e, mentre i miei genitori e altri membri della famiglia cercavano di darmi dei consigli, io facevo di testa mia. Così, il desiderio di fare soldi è cresciuto rapidamente. Sono diventato completamente cieco e l’unica cosa a cui pensavo era fare soldi per mia moglie, i miei genitori e mandare i miei figli a scuola.
Nella vita è triste che le persone di cui ci fidiamo siano quelle che poi ci deludono. Per esempio, ho amato tanto mia moglie ed è uno dei motivi per cui ho commesso crimini. Ma, sfortunatamente, mi ha abbandonato dopo la mia condanna e mi è stato detto che ora è sposata con un altro uomo. So che Dio mi stava preparando per il futuro.

Come ho commesso il reato

Come accennato in precedenza, i miei amici mi hanno coinvolto in attività criminali e poi la pressione e l’influenza del gruppo mi hanno portato a commettere un crimine molto grave. Non era mia intenzione compiere attività criminali, ma l’influenza del gruppo mi ha corrotto. I cattivi amici mi hanno fatto credere che il crimine fosse l’unico modo per ottenere grandi ricchezze. Penso che abbiano anche approfittato della mia situazione. Non ho nemmeno potuto prendere alcuna decisione o sviluppare alcun cambiamento positivo. Non ero un criminale, ma la mia condizione di vita mi ha reso uno di loro.
Tutto è iniziato nel 2002 quando quattro amici mi hanno proposto un colpo. Per me, che avevo un disperato bisogno di soldi, era una grande opportunità. Era la prima volta che venivo coinvolto in una rapina a mano armata, ma ero pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo sulla mia strada. E così alle 10 del giorno stabilito siamo andati a Kamwala South, a Lusaka, dove abbiamo messo in atto il nostro progetto. Una volta raggiunta l’area, abbiamo rapinato un negozio. Uno dei miei amici è stato colpito dai militari della squadra anti-rapina – allertata dalla comunità – ed è morto sul posto. Io sono riuscito a scappare con gli altri tre e con i soldi rubati. Era la prima volta che mi trovavo coinvolto in una sparatoria e la morte del mio amico mi ha sconvolto. La polizia ha iniziato a cercarmi. Il mio tentativo di scappare in Malawi è fallito e sono stato arrestato durante la fuga.
Il 18 agosto 2003 sono stato condannato a morte dall’Alta corte di Lusaka. La vita è diventata per me una cosa inutile e l’unica cosa alla quale pensavo era la morte. Non c’era motivo per cui continuassi a vivere e ho iniziato a pensare al suicidio. Non c’era nessuno che potesse darmi conforto e speranza. Le lacrime mi riempivano gli occhi e ho visto le stesse lacrime scendere dagli occhi del mio amico. Sono poi stato portato nella prigione centrale di Lusaka insieme ai miei amici e mi hanno messo nell’ala dei condannati per reati gravi. In seguito sono stato trasferito nella prigione di massima sicurezza di Kabwe.

La mia vita in prigione

La mia vita è cambiata dal momento in cui sono arrivato a Kabwe. La paura dentro di me è diventata più forte perché sono stato messo nel braccio della morte assieme a criminali incalliti e serial killer. Vedevo i miei compagni di prigione morire come animali per me era una violenza psicologica fortissima. L’unica cosa che aspettavo era la morte. Ho interagito con diversi detenuti e ufficiali della polizia penitenziaria e mi sono reso conto che non tutti nella sezione del braccio della morte avevano perso la speranza. C’erano alcuni detenuti che avevano riscoperto la Parola di Dio. All’inizio, la fede mi sembrava inutile per via della sentenza capitale che pendeva sulla mia testa, ma un giorno uno dei miei compagni del braccio della morte mi si è avvicinato e mi ha proposto di leggere la Bibbia insieme. Ci ho riflettuto e poi ho accettato. E così questo amico, che ho scoperto essere un pastore, ha ridato una speranza nel futuro. Mi ha anche detto che Dio è misericordioso e ama tutti indipendentemente dai crimini commessi. Sapevo che Dio lo stava usando per darmi speranza e redimermi dalla colpa.
Nel 2004, ho presentato il mio primo appello alla Corte suprema, ma sfortunatamente non è stato accolto. I miei amici hanno continuato a incoraggiarmi e nel 2005 ho scritto una petizione all’allora presidente Levy Mwanawasa, ma ancora una volta non è stata accolta. Ho scritto un’altra petizione nel 2007 a Rupiah Banda, allora presidente, anche questa senza risposta. Così ho coltivato la mia devozione verso il Signore e ho trascorso la maggior parte del mio tempo a leggere la Parola di Dio e a incoraggiare i miei compagni a non perdere la speranza. Sapevo che Dio un giorno avrebbe risposto alla mia preghiera. Alla fine, nel 2013, ho scritto un’altra petizione all’allora capo di Stato, Sata, che ha trasformato la mia condanna in ergastolo. Nel 2016, il presidente Edgar C. Lungu ha poi ridotto la pena a 25 anni di reclusione. Non potevo crederci e lacrime di gioia mi hanno riempito gli occhi. Nessuno mi è venuto a trovare durante il periodo di detenzione, dipendevo solo da Dio. Non è stato facile per me. Ho incontrato così tanto rifiuti, torture, dolore, depressione e stress. Dio mi ha aiutato a superare grandi ostacoli nella mia vita. I miei amici sono morti tempo fa ma io sono ancora qui. So che Dio mi sta tenendo in vita per un grande scopo. Ho fatto così tanti errori nella mia vita passata e ringrazio Dio che mi ha visitato e mi ha cambiato in meglio. Il mio ritorno nella società non metterà a rischio la comunità perché ora sono una persona diversa. Ora sono credente e la Bibbia mi dice che non c’è condanna per coloro che credono in Cristo.

La lettera di richiesta aiuti a CELIM

 

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