Tutta colpa del Covid-19. Se non fosse stato per quel maledetto virus, sarebbero ancora in Zambia. Gianluca e Christian hanno dovuto interrompere il viaggio. Loro sono i ragazzi di «7mila miglia lontano», un gruppo di podisti che ha programmato sette viaggi da fare in sette anni per documentare, con fotografie e video, lo stato del pianeta, dell’inquinamento delle acque, delle coste e dei fiumi.

«Vogliamo portare – spiegano – un importante contributo sia in termini di contenuti sia di immagine, dall’altro sostenere la raccolta fondi per una organizzazione non governativa partner a cui, al termine di ogni viaggio, sarà devoluto l’intero ricavato». Quest’anno l’Ong scelta era CELIM e i fondi raccolti avrebbero dovuto sostenere il progetto di agricoltura a basso impatto nei distretti di Mongu e Limulunga, in Zambia.

Il coronavirus ha però costretto i due ragazzi a rientrare in Italia. «Per il momento – spiega Gianluca -, il progetto è fermo. E credo che per tutto il 2020 non sarà più possibile partire per l’Africa. Ma per il 2021…».

Il prossimo anno i due fotografi potrebbero riprendere il loro viaggio proprio dallo Zambia dove erano arrivati il 26 febbraio e da dove sono dovuti ripartire il 5 aprile. «Il nostro programma – continua Gianluca – prevedeva un viaggio da Kariba a Mongu. Un tour da fare nel nostro stile e cioè a piedi o con mezzi pubblici. Il nostro obiettivo è raccontare storie di cambiamenti climatici». E di storie, sebbene in pochi giorni, ne hanno raccolte molte.

Sul Lago Kariba, un bacino d’acqua artificiale formato da una imponente diga (costruita da imprese italiane) e grande quasi come il Lago Maggiore, hanno constatato gli effetti della siccità. «Il livello del lago è più basso di cinque metri rispetto alla linea ottimale – osserva Gianluca -. Ciò significa che gli impianti per la produzione di energia elettrica non possono funzionare al pieno della potenza e le comunità locali non hanno quindi corrente a sufficienza. Quest’anno le piogge sono state abbondanti e c’è la speranza che il livello delle acque salga, ma ci vorranno anni prima che torni al livello corretto».

L’ambiente risente però anche della presenza umana. Molti abitanti dei villaggi sulle sponde del lago, per poter pescare il necessario per sopravvivere, utilizzano le reti antimalariche a maglia fittissima. Queste raccolgono non solo i pesci di grande taglia, ma anche i piccoli e gli avannotti. «In un bacino un tempo pescoso – continua Gianluca -, ora i pesci sono pochissimi. Difficile trarne da vivere. Per questo è importante pensare a progetti di itticoltura che permettano alle persone del posto di vivere e, allo stesso tempo, di ripopolare il lago».

Un altro grave problema è l’uso del carbone per cucinare e riscaldarsi. È carbone di legna. Per procurarselo gli abitanti dei villaggi disboscano vaste aree verdi con grave danno per l’ecosistema. «Ci è dispiaciuto non essere riusciti ad arrivare a Mongu – continua Gianluca -. Lì avremmo potuto visitare il progetto di CELIM che scommette proprio sulla sostituzione del carbone di legna con pellet ricavati dagli scarti agricoli fatti decomporre e poi compattati».

Non lontani da Kariba, i due fotografi hanno vissuto una brutta avventura. Mentre fotografano un ponte sono stati fermati da agenti della polizia che hanno sequestrato anche il loro drone. «Non sapevamo che in Zambia è assolutamente vietato fotografare i ponti – osserva Gianluca -. Gli agenti locali sono stati molto gentili, ma ci hanno costretto a fermarci alcuni giorni in attesa di ordini superiori. Dopo varie pratiche burocratiche, portate a termine anche grazie all’interessamento di Gianclaudio Bizzotto di CELIM (che ringrazio), abbiamo potuto riprendere il viaggio».

Intanto però sono stati registrati i primi casi di Covid-19. L’ambasciata italiana ha così fatto pressioni affinché i viaggiatori e i turisti italiani rientrassero in patria. «I diplomatici – conclude Gianluca – hanno insistito perché noi tornassimo in Italia per evitare di rimanere bloccati in Zambia da un eventuale lockdown. A malincuore siamo dovuti partire. Ma stiamo già sognando il ritorno».