Mascherine in tessuto per contrastare il coronavirus saranno prodotte nelle carceri zambiane. Così anche il Covid-19 potrà diventare un’opportunità di riscatto per i detenuti e le detenute dei penitenziari. È un’iniziativa promossa da CELIM nell’ambito del progetto «La seconda occasione», che offre a carcerati e carcerate zambiane un’opportunità per un riscatto economico e sociale.

«Di fronte al pericolo di diffusione del virus – osserva Gianclaudio Bizzotto, responsabile Paese di CELIM -, lo Zambia è subito corso ai ripari. Fin dai primi giorni, il presidente Edgar Lungu ha imposto alla popolazione di indossare le mascherine nei luoghi pubblici. Nelle scorse settimane, poi, il responsabile dell’amministrazione penitenziaria ha emanato una direttiva in base alla quale tutti, agenti di polizia e detenuti, devono possedere almeno due mascherine, una da portare e l’altra da lavare una volta indossata».

La produzione nelle carceri può essere organizzata in tempi brevissimi. Nei mesi scorsi, infatti, CELIM ha distribuito macchine per cucire in alcuni penitenziari con l’obiettivo di insegnare le tecniche di sartoria ai detenuti e alle detenute e offrire in questo modo una opportunità lavorativa una volta scontata la pena. Di fronte all’emergenza dettata dall’epidemia di coronavirus, si è pensato quindi di impegnarli, invece che nella realizzazione di abiti, nella confezione di mascherine in tessuto.

«Le mascherine – continua Bizzotto – sono realizzate con due strati di tessuto e uno a mo’ di filtro. Con particolari attenzioni sono riutilizzabili all’infinito e forniscono una ottima protezione contro il virus. Tra oggi e domani acquisteremo la stoffa necessaria e già nei prossimi giorni partirà la produzione. Le prime mascherine saranno destinate agli agenti penitenziari e ai detenuti. Successivamente, la produzione potrà essere messa sul mercato e le singole mascherine potranno essere vendute alla popolazione, generando così anche un’entrata».

Il fatto che siano create in tessuto le rende ecocompatibili perché lavabili e riutilizzabili. «Coerenti con l’attenzione che CELIM riserva ai temi ambientali – conclude Bizzotto -, si è voluto evitare le mascherine usa-e-getta che verrebbero gettate via dopo un solo impiego e andrebbero ad aumentare la già consistente massa di rifiuti da smaltire. Quelle in tessuto sono amiche dell’ambiente ma, allo stesso tempo, come confermano alcuni studi delle Nazioni Unite, rappresentano un valido presidio contro la diffusione del Covid-19».

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