In Zambia, le mascherine anti-Covid-19 prodotte dai carcerati sono state un successo. Per alcune settimane, i lavoratori di sartoria dei penitenziari in cui opera CELIM attraverso il progetto La seconda occasione si sono concentrati sulla produzione di questi presidi sanitari per rispondere alla necessità di proteggere dal contagio sia i detenuti sia gli agenti penitenziari.

Quando il virus ha iniziato a circolare nel Paese, le autorità sono subito corse ai ripari. Fin dai primi giorni, il presidente Edgar Lungu ha imposto alla popolazione di indossare le mascherine nei luoghi pubblici. Nelle scorse settimane, poi, il responsabile dell’amministrazione penitenziaria ha emanato una direttiva in base alla quale tutti, agenti di polizia e detenuti, dovevano possedere almeno due mascherine, una da portare e l’altra da lavare una volta indossata. Gli spazi e le condizioni igienico-sanitarie nei penitenziari non sono sempre ottimali. Il rischio di contagio diventa quindi più elevato.

I responsabili CELIM hanno così proposto ai lavoratori di sartoria di avviare la produzione di mascherine. Sono state scelte le tele ed è iniziata la fornitura alle carceri. «La produzione – spiega Gianclaudio Bizzotto, responsabile Paese di CELIM – ha preso subito l’avvio. I pezzi sono stati sfornati a decine e subito è iniziata la distribuzione ai detenuti e agli agenti. Sia gli agenti sia i carcerati sono stati molto disciplinati. Qualche piccola resistenza c’è stata, ma ormai quasi tutti le indossano».

La produzione si inserisce nell’ambito di un progetto che cerca, attraverso il lavoro, di dare opportunità di reinserimento nella società a chi ha scontato la sua pena ed è uscito. «Il lavoro è uno strumento utile per crearsi competenze che possono essere spese al di fuori dalla mura del penitenziario – continua Bizzotto -. Abbiamo già sperimentato come un’attività professionale ben avviata e strutturata possa evitare che gli ex detenuti compiano nuovamente reati una volta usciti».

Il laboratorio di sartoria che ha realizzato le mascherine è ben strutturato e normalmente realizza divise e abiti per le organizzazioni pubbliche, ma anche per organizzazioni che ne fanno richiesta. «La sartoria – conclude Bizzotto – è solo uno dei laboratori. Nelle sette prigioni in cui opera CELIM sono stati allestiti spazi per la formazione alla falegnameria, alla meccanica e all’elettrotecnica. I carcerati hanno seguito corsi ad hoc e sono stati aiutati a sostenere gli esami di qualifica professionale. Il progetto ha realizzato anche pollai che ha una doppia valenza: offrire la possibilità di imparare il mestiere dell’allevatore e permettere al penitenziario di generare fondi da reinvestire per l’educazione dei carcerati. È chiaro che ciò non basta è necessario investire anche sul reinserimento economico-sociale dei detenuti. Per questo motivo abbiamo intenzione di dar vita a centri nei quali, una volta riguadagnata la libertà, gruppi di ex carcerati potranno lavorare insieme (anche in forma di cooperativa) e offrire ai concittadini i loro servizi come piccoli artigiani».

Progetti correlati