Più qualità, rispetto dell’ambiente, commercializzazione più efficace. In Libano, CELIM sta lavorando per trasformare la filiera dell’olio. Nel Paese 59.000 ettari di terra producono circa 75.000 tonnellate di olive. Di queste, 50.000 vanno alla produzione di olio (circa 10.000 tonnellate prodotto localmente). Tuttavia, all’olio locale se ne aggiunge altro importato dalla Siria e dalla Tunisia a prezzi più convenienti. Così, oltre a esserci un surplus di olio d’oliva, non esiste una tutela specifica del prodotto locale alla fine del loro raccolto e i commercianti finiscono per massimizzare i loro profitti vendendo prodotti più economici a prezzi più alti.

Il progetto che CELIM sta portando avanti nel Distretto di Hasbaya, nel Libano meridionale, lavora per migliorare le condizioni di 2.935 contadini attraverso l’incremento dell’efficienza produttiva (riducendo il costo di raccolta e produzione e incrementando la qualità dell’olio) e favorendo uno stabile accesso al mercato interno ed estero.

«Questo progetto, come tutti i progetti CELIM – spiegano i responsabili della nostra Ong in Libano -, scommette anche sul rispetto dell’ambiente. L’industria olearia produce scarti solidi non riciclati e liquido vegetale. Questi vengano spesso rilasciati nell’ambiente. Per questo motivo lavoreremo anche per migliorare i sistemi di controllo sugli sversamenti illegali e rendere l’ambiente».

Un lavoro che CELIM porta avanti cercando anche di rafforzare le capacità delle cooperative di realizzare un prodotto che abbia standard qualitativi che rispettino i parametri internazionali. «Standard – concludono i responsabili di CELIM Libano – che verranno mantenuti modernizzando le attrezzature e le tecniche a disposizione degli agricoltori».

 

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