Ripartire dall’olio. Il Libano, travolto da una profonda crisi sociale, potrebbe guardare all’agricoltura tradizionale per rilanciare il sistema economico. Da alcuni mesi, CELIM sta proprio lavorando a un progetto che vuole potenziare il comparto dell’olivicoltura nel Distretto di Hasbaya, nel Libano meridionale.

Olio fenicio

L’olivicoltura nel Paese dei cedri ha radici antichissime. Furono i fenici a introdurre l’olivo in questa terra intorno al 2000 a.C. Da allora la produzione non si è mai fermata. Attualmente, nel comparto lavorano 110.000 contadini che coltivano 56.000 ettari. La produzione si attesta, mediamente, sulle 17.000 tonnellate di olio. Il consumo interno però è di circa 20.000 tonnellate l’anno. «Ci sono quindi i margini per aumentare la produzione di olio e diminuire le importazioni – spiegano i responsabili di CELIM in Libano -. La filiera sconta però la scarsa qualità dell’olio rispetto ai prezzi attuali di vendita, un prodotto non competitivo sui mercati, l’insostenibilità ambientale della filiera caratterizzata da grandi volumi di scarti, solidi e liquidi, che vengono poi riversati, senza essere smaltiti, nel fiume Hasbani o sui terreni agricoli».

Coop e produzione efficiente

Il progetto scommette sul miglioramento delle condizioni di 2.935 contadini delle aree rurali del Sud del Libano. In particolare, si lavorerà con undici cooperative (di cui due di donne) e dieci frantoi.

«Ci muoveremo in tre direzioni – osservano i responsabili CELIM -. Anzitutto cercheremo di migliorare l’efficienza produttiva riducendo il costo di raccolta e produzione e incrementando la qualità dell’olio. In secondo luogo, intendiamo creare un migliore e più stabile accesso al mercato interno e a quello estero. Infine, ma è un punto fermo di questo come di altri progetti della nostra Ong, lavoreremo per ridurre l’impatto ambientale, eliminando gli scarti solidi non riciclati e il liquido vegetale e aumentando i sistemi di controllo sugli sversamenti illegali».

Il progetto mira anche a rafforzare le capacità delle cooperative di realizzare un prodotto che abbia standard qualitativi che rispettino i parametri internazionali. «Standard – concludono a CELIM Libano – che verranno mantenuti modernizzando le attrezzature e le tecniche a disposizione degli agricoltori».

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