Dai da mangiare bene a una mucca e lei ti ripagherà con tanto latte di buona qualità. È anche su questo aspetto che scommette il progetto «Milky,: l’oro bianco del Kenya. Sviluppo della filiera del latte nella contea di Kiambu».

Mucche denutrite

In Kenya, come in altri Paesi dell’Africa orientale, un’alimentazione inadeguata è uno dei principali vincoli che influenzano la produzione e la riproduzione dei bovini da latte. Secondo recenti studi, la produzione media giornaliera di latte per vacca nella maggior parte delle aziende lattiero-casearie è stimata in circa 6-7 litri per animale ogni giorno. Una quantità che è il 70% inferiore a quella dei bovini nei Paesi sviluppati.

Anche in questo caso, l’impatto di una alimentazione non adeguata è legato ai cambiamenti climatici. Gli effetti di un cibo non adeguato si fanno sentire maggiormente nella stagione secca (giugno-ottobre), con una drastica diminuzione di produzione. Tuttavia, a causa delle mutevoli condizioni climatiche, anche le stagioni umide e secche sono diventate irregolari e imprevedibili e gli agricoltori vivono stagioni secche sempre più lunghe. Ciò porta a un incremento dei costi di alimentazione delle vacche da latte e, di conseguenza, a un incremento delle spese di produzione. Fattori che ostacolano la crescita e la redditività delle aziende.

Per affrontare questa sfida di produzione di un’alimentazione inadeguata, la maggior parte degli agricoltori preferisce fornire mangimi coltivati ​​in casa per ridurre i costi. L’uso di residui colturali è la strategia di più comune.

Un mercato in crescita

Attraverso il progetto si vuole fornire sostegno nelle fasi di produzione, con l’obiettivo di incrementare quantità e qualità del latte prodotto. «Noi – spiegano i responsabili di CELIM – interveniamo mediante corsi di formazione sulla nutrizione animale. Ciò non basta, lavoriamo anche per diffondere tecniche di allevamento innovative, nozioni di zootecnia e para-veterinaria. La cura degli animali è fondamentale per creare una filiera che offra prodotti di qualità. Ciò è una garanzia per i consumatori e può aiutare la crescita di un mercato controllato e sicuro. E anche un’alimentazione migliore e più sana».

Un mercato che, già oggi, riveste una particolare importanza nel sistema produttivo keniano. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Agricoltura di Nairobi, nel Paese vengono prodotti 5 miliardi di litri di latte all’anno. A livello economico ciò significa che l’industria casearia con un fatturato di due miliardi di dollari Usa, rappresenta il 14% del Pil agricolo e l’8% del Pil complessivo del Paese. Dal punto di vista occupazionale, genera circa un milione di posti diretti e altri 500mila indiretti.

La quantità di latte che affluisce sul mercato contribuisce notevolmente al miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale delle famiglie. Non è un caso che il 62% dei keniani associno il latte a un alto contenuto proteico e molti consumatori lo amino sia come nutrimento base della propria dieta sia come bevanda per tutti i giorni.

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