Sta aumentando la malnutrizione infantile a causa della pandemia di coronavirus. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, i casi di scarsa nutrizione tra i bambini e le bambine sono incrementati del 14,3% rispetto al periodo precedente alla diffusione del Covid-19. Ad oggi 54 milioni di piccoli sono a rischio, l’80% dei quali vive in Africa subsahariana e in Asia meridionale. In Kenya i ricoveri per malnutrizione, paradossalmente, sono diminuiti del 40% proprio per far spazio negli ospedali ai malati del virus.

Proprio in Kenya , CELIM sta lavorando per migliorare la filiera della produzione del latte di mucca attraverso il progetto «Milky: l’oro bianco del Kenya». Una tazza di latte vaccino contiene, in media, 146 calorie, 5 g di grassi saturi, 24 milligrammi di colesterolo. È una straordinaria fonte di proteine e micronutrienti, contiene diverse vitamine del gruppo E e fornisce un terzo dell’assunzione giornaliera raccomandata di calcio. Proprietà importanti che variano a seconda del tipo di allevamento e dell’alimentazione del bestiame; dalla razza dell’animale; dal punto e dal periodo di lattazione.

«Migliorare la qualità e aumentare la quantità del latte prodotto in Kenya – spiega Angela Mariotti di CELIM – non significa solo migliorare l’alimentazione della popolazione locale, ma anche dare un impulso a un settore, quello lattiero, che rappresenta il 12% del Pil agricolo e offre 700.000 posti di lavoro».

Il progetto CELIM offre anche opportunità importanti dal punto di vista dell’alimentazione. «I beneficiari sono 340 – continua Angela -. Ognuno di essi ci fornisce una decina di litri di latte al giorno, che noi poi portiamo in centri di raccolta dove viene lavorato. La famiglie però trattengono per sé due litri di vaccino che viene impiegato nell’alimentazione quotidiana. Lo bevono gli adulti ma, soprattutto, i bambini che così integrano la loro dieta».

Non è un caso che in primavera, all’inizio della pandemia, sia diminuita la raccolta di latte nei centri di trasformazione. «Il fenomeno è poi cessato nel tempo – conclude Angela -, ma pensiamo che questa diminuzione fosse legata all’incertezza dettata dal virus. Il latte, comunque, è un alimento completo e la gente forse ha preferito tenerlo per sé in vista di una possibile crisi».

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