Trentatré anni di amicizia. Trentatré anni di collaborazione. Tra l’associazione Bethesda e CELIM c’è una sintonia che sta diventando storia. Bethesda è un’associazione no profit di laiche che vivono insieme in comunità. A Milano, in via Cannero, è un punto di riferimento per favorire reti di buon vicinato e solidarietà con e tra le numerose famiglie che abitano nel grande condominio.

«Abbiamo avuto i primi contatti con l’associazionismo nel 1980 – racconta Mina, dell’associazione -. Alcuni giovani dei nostri condomini avevano fatto un campo di lavoro con Mani Tese e abbiamo pensato di raccogliere la carta usata e di donare i fondi ottenuti dalla vendita all’associazione».

Gli anni Ottanta sono un periodo vivace in cui c’è voglia di entrare in contatto con le tematiche del Sud del mondo, di capire, di impegnarsi. Le occasioni per conoscere sono poche. I media ne parlano poco. Alle persone arriva solo qualche testimonianza da parte del mondo missionario. «In occasione di un incontro nella sede dell’Azione cattolica – continua Mina – siamo entrati in contatto con CELIM. Era il 1987, cioè trentatré anni fa. Siamo rimasti colpiti e affascinati dall’azione della Ong e così abbiamo deciso, insieme ai ragazzi dei condomini, di dare una mano. Nei faldoni che conserviamo in archivio, abbiamo ritrovato la proposta del primo microprogetto con il Celim».

I giovani di via Cannero hanno iniziato a raccogliere fondi per un progetto che CELIM aveva lanciato per sostenere una cooperativa agricola di giovani a Lusitu, in Zambia. Attraverso una lotteria organizzata in concomitanza col Natale, raccolgono più di 1.500.000 di lire. Una bella somma per i tempi. Somma che viene interamente girata al progetto in Africa.

«Da subito abbiamo apprezzato lo stile nel proporre e realizzare progetti in un mondo allora così lontano e poco conosciuto – ricorda Mina -. L’attenzione di CELIM ai problemi delle comunità del Sud del mondo, il modo rispettoso di approcciarsi, la voglia di creare cambiamenti che avessero un impatto sulla società ci hanno convinto perché rispecchiano una sensibilità che è la nostra sensibilità».

Il biglietto della prima lotteria è stato disegnato a mano. Allora i personal computer non erano ancora così diffusi. L’avviso veniva fotocopiato e messo negli atri delle scale e, fin da allora, i ragazzi passavano nelle case a offrire i biglietti.

«La tradizione si è ripetuta nel tempo con tutte le generazioni successive – conclude Mina -. È bello pensare che i primi ragazzi che hanno organizzato la lotteria sono ora adulti e genitori con ragazzi che si interessano agli stessi temi. E oggi, in tempo di coronavirus, questo legame non si è interrotto. Anche quest’anno i ragazzi hanno lanciato una raccolta fondi che andrà ai progetti a favore dei disabili in Zambia».

Un’amicizia, quella con Bethesda, che CELIM coltiva perché ritiene sia importante avere rapporti con comunità sensibili. Rapporti che segnano il contatto con le realtà vive del territorio.

 

1987 Biglietto lotteria

1987 Ricevuta CELIM

1987 Invito alla lotteria

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