In Italia lo consideriamo uno svago. Un hobby che occupa le sere e i fine settimana. In Kenya, l’orto è qualcosa di più. Per le famiglie è un modo per variare la dieta e godere di qualche entrata in più. Per le comunità un modo per favorire l’aggregazione e la convivenza. Su questo scommette, «Coltivare il futuro. Filiere agricole ecosostenibili in Kenya», progetto che come CELIM stiamo portando avanti nella contea di Laikipia, nel Kenya centrale.

L’agricoltura contribuisce al 24% del Pil del Kenya e l’orticoltura contribuisce a una percentuale significativa del Pil agricolo. L’orticoltura in Kenya ha subito una trasformazione negli ultimi 46 anni, ma è una attività ancora «artigianale». In Kenya, solo il 4% di tutti i prodotti orticoli viene esportato mentre il 96% viene consumato localmente. Oltre il 90% di tutti questi prodotti consumati localmente è prodotto da piccoli agricoltori.

Nella contea di Laikipia, dove opera CELIM, hanno preso vita undici gruppi di donne. «Si sono unite in gruppi di auto-mutuo aiuto con propri statuti che ne regolano le attività – spiega Gabriele Covi di CELIM -. Coltivano orti comunitari dai quali traggono alimenti e, grazie alle eccedenze, redditi che poi ripartiscono tra loro. Queste esperienze aiutano i gruppi femminili a imparare a lavorare insieme e a gestire risorse in comune. Valori importanti che sono alla base di un sistema che fa della convivenza un valore fondamentale».

Gli orti però sono anche un modello che le singole donne possono gestire in autonomia nelle proprie famiglie. «La contea di Laikipia – osserva Gabriele – è prevalentemente abitata da gruppi masai, comunità seminomadi tradizionalmente dedite alla pastorizia». Gente che è abituata a gestire gli animali e quanto essi possono dare all’uomo. Per loro l’agricoltura è qualcosa di nuovo. Gli orti quindi possono diventare un primo passo verso un’attività che può fornire cibo, variando la dieta famigliare, ma anche offrendo possibilità di avere un reddito aggiuntivo».

In questo contesto, CELIM ha contribuito alla costruzione di quattro serre per l’orticoltura comunitaria. «Sono strutture semplici – conclude Gabriele -, ma sono indispensabili per proteggere le colture e offrire nuove opportunità alle comunità locali. Un nuovo modo per promuovere uno sviluppo rispettoso dell’ambiente, che garantisce la crescita economica delle famiglie e, allo stesso tempo, aumenta le capacità di resilienza delle comunità locali».

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