La situazione in Libano è drammatica. Il Paese dei cedri è colpito da una crisi economica gravissima e sta vivendo un pericoloso stallo politico. «La rinuncia del premier designato Saad Hariri a formare un governo ha gettato la nazione nello sconforto – spiegano i volontari di CELIM in Libano -. Le gente non vede una via di uscita a questa situazione che ormai dura da anni».
I problemi sono iniziati nel 2019 con le prime manifestazioni di scontento che hanno portato alle dimissioni del premier Saad Hariri. Lentamente la situazione è peggiorata acuita anche dalla pandemia di covid-19. Ma è deflagrata quando Beirut, la capitale, è stata investita da una forte esplosione che, partita dal porto, ha investito gran parte della città uccidendo più di 200 persone e facendo numerosi feriti. Dopo le dimissioni del nuovo premier Hassan Diab, si è aperta una stagione di stallo politico che dura ormai da nove mesi e che è culminata con la rinuncia di Hariri a creare il nuovo esecutivo.
La vita politica è paralizzata e l’economia è in profonda crisi. Secondo la Banca mondiale la più grave crisi da 150 anni a questa parte. «Da un mese e mezzo – continuano i volontari di CELIM – manca il carburante. Ai distributori ci sono file chilometriche. L’esasperazione è tale che nei giorni scorsi in alcune stazioni di servizio la gente si è sparata per avere un po’ di benzina».
Le farmacie sono chiuse ed è difficilissimo trovare medicine. Il prezzo del pane è lievitato. Anche la corrente elettrica è fornita a singhiozzo. Un dollaro è scambiato, al mercato nero, per 25.000 lire libanesi (ma il cambio ufficiale è 1.500 lire per dollaro). «Ogni giorno ci chiediamo come faccia la gente a tirare avanti – continuano -. Manca tutto l’essenziale. Le famiglie si arrabattano per trovare il minimo per sopravvivere. La svalutazione sta erodendo i salari. In alcuni quartieri sono scoppiate rivolte con blocchi della circolazione».
Nell’abbandonare il proprio incarico, Saad Hariri ha detto: «Dio salvi il Libano». «Questo la dice lunga sulla complessità della situazione – concludono i volontari -. Non sappiamo quale direzione potrà prendere il Paese. Tutte le attività sono rallentate. Anche il nostro progetto con gli olivicoltori del Sud risente di questa situazione. La nostra speranza è che nei prossimi mesi si assista a una stabilizzazione e a una ripresa che ci permettano di continuare le nostre attività in serenità».