Non ha argini o sbarramenti. Ha più habitat differenti. È una sorta di scrigno naturalistico unico nel suo genere. Ora il fiume Vjosa che scorre tra Grecia e Albania diventerà un parco fluviale. Secondo l’impegno firmato la settimana scorsa dal ministro albanese del Turismo e dell’Ambiente, Mirela Kumbaro, e da Ryan Gellert, amministratore delegato di Patagonia, brand di abbigliamento sportivo attento alle esigenze ambientali, il fiume diventerà un’area protetta. A sottolineare l’importanza dell’evento la presenza alla cerimonia della firma del premier Edi Rama. “Si tratta di un’ottima notizia – commenta Manuel Castelletti, rappresentante Paese di CELIM in Albania -. Negli anni, la nostra Onlus ha fatto pressioni, insieme a organizzazioni locali e nazionali, affinché si raggiungesse questo obiettivo. Ci siamo arrivati e non possiamo che esserne soddisfatti”

A differenza dei parchi tradizionali, spiegano gli esperti, in un parco fluviale a essere protetto è il fiume stesso, in questo caso la Vjosa in tutta la sua lunghezza fino al confine con la Grecia e i suoi affluenti. “Se devo essere sincero – continua Manuel – speravo che tutto il bacino fosse protetto. Però è importante che questo nuovo parco fluviale abbia un elevato livello di protezione. Si parla del secondo livello di protezione nella classifica dell’International Union for Conservation of Nature, cioè una tutela ampissima che, allo stesso tempo, offre la possibilità di esercitare nell’area attività umane sostenibili”.

La Vjosa nasce nelle montagne del Pindo, in Grecia, e sfocia nell’Adriatico nei pressi di Valona. Il suo bacino rappresenta un insieme unico di biodiversità. Il tratto medio, da solo, fornisce almeno 8 tipi di habitat della massima importanza per la conservazione a livello europeo, mentre il fiume nel suo complesso ospita almeno quindici specie minacciate a livello globale e settantacinque incluse nella lista rossa delle specie a rischio estinzione in Albania. Le acque del fiume sono utilissime anche per gli agricoltori e i pescatori locali. Le piene forniscono, infatti, nutrimenti preziosi che rendono fertili i terreni mentre l’abbondanza e la diversità dei pesci è vitale per il benessere dei pescatori locali.

Il parco rappresenta un’opportunità per le comunità che vivono lungo il fiume. Prima della pandemia il turismo nella regione cresceva del 15% l’anno e le attività connesse all’acqua, dal kayak al rafting, sono più che raddoppiate in pochi anni. “Se gestito in maniera accurata – osserva Manuel -, il parco potrebbe offrire opportunità lungo l’intero percorso del fiume, senza danneggiare il territorio. Attraverso il progetto Vita-Vjosa, che dovrebbe partire nei prossimi mesi, noi di CELIM, insieme alla Ong CESVI, ci proponiamo di lavorare proprio in questa direzione. Da un lato, saremo impegnati a creare un consorzio di imprese private che sosterremo in vari modi, come CELIM offriremo loro pannelli solari fotovoltaici che garantiranno energia pulita alle loro attività. Dall’altro, ci occuperemo della governance dell’area protetta mettendo insieme enti locali, Ong locali e nazionali per creare un piano di sviluppo del turismo sostenibile. La crescita dei flussi va gestita perché il turismo è un’ottima risorsa, ma se non viene gestito può essere dannoso per habitat unici al mondo”.

Il parco fluviale preserverà il corso d’acqua anche da possibili scempi. Negli anni scorsi le sponde son state minacciate dalla costruzione di quaranta centrali idroelettriche e di dighe che ne avrebbero stravolto il corso e l’immagine.

“Lo ripeto: la creazione del parco è una notizia che ci rende ottimisti – conclude Manuel -. Come CELIM non possiamo che esserne felici. Stiamo anche progettando di lavorare sul fronte della gestione dei rifiuti. Anche gli scarti possono danneggiare questo habitat unico”.

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