Siccità, pagamenti dilazionati, mercato locale atrofico: sono questi i problemi più sentiti dai produttori di caffè keniani. Problemi ai quali cercherà di rispondere “Caffè corretto”, progetto che inizierà nelle prossime settimane e che intende promuovere un modello di agricoltura sostenibile, di qualità e attento ai cambiamenti climatici per la filiera del caffè nelle contee di Kiambu e Embu, migliorando efficienza, sostenibilità e qualità della produzione, introducendo buone pratiche di governance e riducendo l’impatto ambientale delle cooperative di trasformazione e potenziando le capacità delle stesse di sfruttare le opportunità offerte dal mercato locale.
Lawrence produce caffè proprio nella Contea di Kiambu. I suoi genitori avevano una piantagione enorme di caffè, ma alla loro morte il terreno è stato suddiviso tra figli e molti dei suoi fratelli hanno smesso di piantare caffè perché considerato poco redditizio. Secondo Lawrence il problema principale, da cui tutti gli altri derivano, è l’assenza di politiche governative adeguate e del supporto da parte dello Stato agli agricoltori (nonostante ufficialmente sono attive politiche per la rivitalizzazione della filiera). “Il governo – spiega – dovrebbe acquistare e pagare direttamente il caffè dai produttori. Sono il prezzo troppo basso e le lunghe attese nei pagamenti ad aver allontanato gli agricoltori da questa coltivazione. Nonostante il caffè del Kenya sia uno dei più costosi al mondo, i produttori diretti percepiscono infatti guadagni bassissimi per ogni kg di bacche”.
A queste problematiche ce ne sono altre conseguenti, come l’assenza di investimenti nelle coltivazioni per mancanza di soldi e per l’incertezza dei guadagni, che comunque arriveranno dopo svariati mesi. “Non è accettabile – continua Lawrence – che non esista un mercato locale. È un controsenso che i produttori di caffè non possano permettersi una tazza di caffè. Il prezzo è troppo alto anche perché molto spesso viene torrefatto all’estero e re-importato, con costi proibitivi per gli acquirenti locali”. Aspettative? Lawrence va dritto al punto: “Sicuramente c’è una grossa aspettativa relativa all’incremento dei guadagni dei produttori diretti. Io spero anche in un potenziamento del mercato locale, sia per avere accesso al caffè, sia, soprattutto, per avere più guadagni evitando gli intermediari presenti nel mercato che trattengono la gran parte dei profitti”.
Anche James produce caffè nella Contea di Kiambu. Anche per lui esiste un problema di mercato con prezzi troppo bassi e pagamenti dilazionati (mediamente sei mesi dopo la consegna alla cooperativa delle bacche di caffè). Ma secondo James bisogna intervenire anche altrove: “La siccità, o comunque l’instabilità delle piogge, ci costringe a ridurre la produzione. In questo senso servono interventi organici per aiutarci a essere più resilienti”. In questo senso, Secondo James va migliorato l’accesso al mercato, con prezzi migliori per i produttori che incentiverebbero un aumento della produzione da parte degli stessi agricoltori (con un aumento del numero di piante e degli investimenti per renderle più produttive). “Il clima sta cambiando, è inutile negarlo – conclude James -, ma penso che investimenti in nuovi sistemi d’irrigazione o in varietà di piante più produttive possa regalarci un nuovo e migliore futuro”.