Almeno 500 persone sono morte tra Malawi, Mozambico e Madagascar, nell’Africa sudorientale, a causa del ciclone tropicale Freddy. La tempesta aveva già devastato l’Africa meridionale alla fine di febbraio, colpendo Mozambico, Madagascar e l’isola di Réunion. È poi tornato a colpire la terraferma, riprendendo forza sul Canale del Mozambico e causando moltissimi danni.
I governi locali hanno costruito centinaia di centri d’emergenza per accogliere le persone la cui casa è stata distrutta dal ciclone: in Mozambico, secondo il presidente Filipe Nyusi, gli sfollati sono almeno 50.000.
Danneggiate anche le infrastrutture (ponti, strade, linee telefoniche ed elettriche, ecc.). Le comunicazioni, sia su strada sia sui fiumi, sono impossibili o molto complicate. “Anche il progetto Giovani resilienti, che CELIM sta portando avanti in Zambezia, ha subito danni. Un vivaio di mangrovie è stato distrutto dai venti fortissimi che hanno spazzato la zona. Le protezioni sono state divelte, le piccole piantine immerse nel fango. “Per fortuna – osserva Marco Andreoni, di CELIM -, l’altro vivaio ha resistito e ci permetterà di continuare le nostre attività. Anche le vasche dove viene praticata la piscicoltura sono state in parte danneggiate così come l’avanotteria. Non sarà facile riprendere, serve aiuto”.