Nel Sud del Libano continuano gli scontri tra l’esercito israeliano e la milizia legata a Hezbollah, partito sciita libanese. Secondo quanto riporta il quotidiano libanese in lingua francese L’Orient Le Jour, gli scambi di artiglieria hanno causato la morte di numerosi civili e di una novantina di miliziani di Hezbollah. Questi scontri hanno un grande impatto sulla regione meridionale del Libano che vive di agricoltura e anche sulle aree nelle quali, da anni, è impegnata CELIM. Dei danni causati dai bombardamenti israeliani agli uliveti ha parlato al quotidiano italiano Il Manifesto, l’ingegnera agronoma Rabab Aouad, collaboratrice di CELIM in “Olio e olive di qualità”, progetto che lavora a fianco dei contadini per rafforzare la filiera dell’olivicoltura. Vi proponiamo, di seguito, il testo dell’intervista.
L’impatto ambientale della guerra nel sud del Libano tra Hezbollah e l’esercito israeliano è forte. Secondo il ministro dell’agricoltura libanese Abbas Hajj Hassan, il “60% delle terre bruciate dai bombardamenti è coperta di foresta, mentre il 40% da terreni agricoli”. Si tratta di circa 500 ettari di foreste in gran parte di pini e querce, mentre sono circa 50mila gli ulivi bruciati, in zone storicamente dedite alla produzione di olive e olio. Il pericolo maggiore viene però dall’utilizzo da parte di Israele di bombe al fosforo bianco, già certificato da Human Rights Watch e riportato anche da Amnesty International.
Oltre 60 giorni di combattimenti dall’8 ottobre; oggi hanno luogo lungo tutto il confine israelo-libanese. Ieri è successo di nuovo: raid israeliani sul sud del Libano. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha stimato che circa 30mila libanesi sono stati costretti a lasciare le case e i contadini ad abbandonare i terreni.
Abbiamo chiesto all’ingegnera agronoma Rabab Aouad, collaboratrice in vari progetti a sud tra cui «Dot Olive Project» per la ong Celim, di fare il punto sulla sitiazione attuale.
Qual è l’impatto economico della guerra nel sud del Libano nel settore agricolo?
Con la crisi cominciata nel 2019 i contadini hanno già dovuto affrontare una serie di problemi soprattutto nel settore della produzione di olio e olive, principale coltura nel sud del Libano: costo del trasporto, importazione di fertilizzanti e prodotti per l’agricoltura. Ora la guerra. I contadini hanno lasciato le loro terre senza poter raccogliere le olive e spesso ritardare la raccolta vuol dire una peggiore qualità dell’olio. Gli stessi collegamenti con il sud si sono fermati e quindi anche la compravendita di olio e olive, si tratta di zone off-limit.
L’uso del fosforo bianco da parte di Israele è stato già certificato da organizzazioni indipendenti e sono in corso ulteriori analisi e accertamenti da parte del il ministero dell’agricoltura libanese. Quali sono le implicazioni sul breve e lungo periodo?
Tecnicamente se non ci sono residui di fosforo bianco sulle piante e sul suolo possiamo dire che l’impatto è limitato. Ma se, come pare, i residui ci sono, il fosforo può reagire fino a due settimane dopo lo spargimento. Vuol dire che se piove il fosforo bianco contaminerà la falda acquifera aumentandone la tossicità. Sappiamo che, secondo i dati del programma per l’ambiente delle Nazioni unite, il fosforo bianco è una delle maggiori cause di inquinamento ambientale di acqua e di suolo e che provoca cambiamenti nell’ambiente naturale e una diminuzione della biodiversità.
Le foreste e i campi bruciano dall’inizio del conflitto. Qual è l’entità dei danni e quanto tempo ci vorrà per tornare alla situazione precedente? Cosa stanno al momento facendo il governo libanese e le organizzazioni indipendenti per fronteggiare questa ulteriore crisi?
Possiamo parlare di due tipi di impatto, uno di breve e uno di lungo periodo. Per il breve periodo, l’inquinamento è quello superficiale, ovvero del suolo. Il secondo, è quello della falda acquifera. Non so dire quanto tempo ci vorrà per tornare a una situazione di normalità, ma sicuramente molto. Al momento il governo e in particolare il ministero dell’agricoltura non hanno implementato nessuna azione significativa, se non analisi del suolo e delle acque. Altre organizzazioni non governative hanno provato a coordinare la raccolta delle olive e le attività ad essa legate.
Pasquale Porciello