Un’occasione per fare un’esperienza all’estero, ma anche un modo per esportare la propria esperienza secolare oltre i confini: sono queste le motivazioni che hanno spinto il Club Alpino Italiano a collaborare con NaturKosovo, progetto finanziato e promosso dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, sede di Tirana) con il supporto dell’Ambasciata d’Italia a Pristina, e che il Cai porta avanti insieme a Volontari nel Mondo Rtm e CELIM Milano in collaborazione con Utalaya Foundation, Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) e Associazione Italiana Turismo Responsabile. Un progetto che intende contribuire allo sviluppo turistico sostenibile del Kosovo attraverso la promozione del tratto locale della Via Dinarica, valorizzandone le risorse culturali, storiche e naturali, sostenendo le istituzioni nella governance del settore e creando posti di lavoro a beneficio delle comunità locali Ne abbiamo parlato con Antonio Montani, 51 anni, attuale presidente del Cai e da sempre appassionato di montagna (nella foto).

Quale realtà è il Club Alpino Italiano?
Il Cai è una organizzazione antica. La nostra associazione è nata nel 1863, fondata da Quintino Sella, scienziato, politico e alpinista italiano. Attualmente conta su 346.200 iscritti, con 815 tra sezioni e sottosezioni.

La vostra organizzazione ha avuto esperienze di attività all’estero?
Negli anni scorsi, il Cai ha operato all’estero in modo casuale e sporadico. In passato abbiamo avuto una sede a Lima, in Perù. Era formata da alcuni espatriati appassionati di montagna che assistevano gli alpinisti che intendevano affrontare spedizioni nelle Ande. Quell’esperienza, sebbene meritevole, è terminata quando il numero di iscritti si è progressivamente assottigliato fino a scomparire. Più di recente, il Cai ha partecipato a Erasmus alpinismo, un’iniziativa che si inserisce nel programma di studi Erasmus voluto dall’Unione europea. Questa iniziativa ha permesso a un gruppo di ragazzi e ragazze di arrampicare in diversi siti europei e di conoscere le culture della montagna di Paesi esteri. In Italia, un gruppo di una ventina di giovani ha fatto una bella esperienza sulle cime della Valle d’Aosta.

Il Cai fa parte anche di organizzazioni internazionali?
Il Club Alpino è socio fondatore dell’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche, nota anche come International Mountaineering and Climbing Organisation, una organizzazione che raggruppa decine di federazioni nazionali di sport di montagna (alpinismo, arrampicata e sci alpinismo). Facciamo parte anche dell’European Mountaineering Association, che unisce 63 organizzazioni di montagna di 33 nazioni europee, e del Club Arc Alpin, che riunisce le principali associazioni alpinistiche dei Paesi dell’arco alpino. In Italia abbiamo anche ottime relazioni con l’Alpenverein Südtirol, associzione che riunisce in Alto Adige gli alpinisti di lingua tedesca.

Perché avete aderito al progetto NaturKosovo?
Questo è il primo progetto strutturato al quale partecipa il Club Alpino Italiano. La nostra adesione nasce dalla voglia di andare al di là dei confini nazionali per conoscere regioni e popolazioni nuove e modi diversi dal nostro di vivere la montagna. In montagna, i rifugi e i sentieri sono legati a logiche peculiari dei luoghi. L’approcciare queste strutture significa quindi entrare nel vivo di una cultura e di una storia diverse dalle nostre. Per valorizzare questi patrimoni è necessaria quindi la disponibilità a calarsi nella realtà locale per comprenderne le tradizioni. Con il progetto NaturKosovo, il Club Alpino Italiano si è aperto a un mondo, quello delle Alpi dinariche in Kosovo, con la voglia di trasmettere la propria esperienza nel rispetto dei luoghi e delle popolazioni. Partendo sempre dal principio che la montagna è un luogo che, attraverso i propri sentieri, unisce culture e non le divide.

Quale esperienza portate in Kosovo?
Anzitutto portiamo la nostra esperienza nel campo del censimento e del recupero dei sentieri. In questo settore, il Club Alpino Italiano è un’eccellenza a livello mondiale avendo censito in patria qualcosa come 140.000 km di sentieri, creando un database unico (che ora è stato consegnato al ministero del Turismo che lo gestirà). In secondo luogo, portiamo la nostra esperienza nella formazione degli accompagnatori in montagna. Anche in questo caso abbiamo un background unico: i nostri corsi, pur formando volontari, sono molto impegnativi e danno spazio ai temi della sicurezza e agli aspetti culturali della montagna (storia, lettura del paesaggio, ecc.). In terzo luogo abbiamo offerto la nostra esperienza nel campo della formazione dei volontari del soccorso alpino. Un settore, questo, fondamentale per sviluppare una qualsiasi forma di turismo sostenibile e sicuro.

CELIM in Kosovo e in Albania lavora per promuovere un nuovo concetto di turismo che sia rispettoso dell’ambiente e che permetta uno sviluppo delle comunità locali. Il Cai condivide questa prospettiva?
Il Club Alpino Italiano è fermamente convinto che un turismo che voglia aiutare le popolazioni di montagna debba, per forza, essere sostenibile e responsabile. Noi promuoviamo un turismo che vada oltre le rotte tradizionali e le stagioni canoniche, che sfrutti al massimo i mezzi di trasporto pubblico e rigetti il mordi-e-fuggi delle gite di giornata. Fermarsi a dormire in montagna dopo una bella gita, oltre a lasciare risorse economiche preziose per la gente locale, è un’esperienza affascinante perché permette di vivere momenti unici, come l’alba e il tramonto, che offrono la possibilità di vivere le valli e le montagne fuori dai grandi flussi e di riflettere sulla bellezza dei luoghi. Siamo convinti che vivere questi momenti porti le persone ad approcciarsi con maggiore rispetto all’ambiente montano.

L’esperienza in Kosovo vi ha permesso di entrare in contatto con una popolazione montanara con proprie tradizioni uniche. Quale rapporto avete instaurato con loro?
Direi che il rapporto è positivo. La gente di montagna, ovunque essa viva, ha caratteristiche peculiari, dettate dalla propria cultura, ma ha anche stili di vita comuni che sono dettati dalle sfide che quotidianamente affrontano vivendo un ambiente caratterizzato dalla dimensione verticale. In Kosovo abbiamo notato un generale apprezzamento per quanto stiamo facendo e questo non può che farci piacere.

Porterete l’esperienza kosovara in altri luoghi nel mondo?
Sono reduce da un viaggio in Oman dove il governo locale ci ha chiesto di ripristinare la sentieristica per sviluppare il turismo anche nell’entroterra. Anche il Club alpino georgiano ci ha chiesto di aiutarlo nella costruzione di nuovi rifugi e nel ripristino della loro rete di sentieri. Abbiamo accolto con entusiasmo queste proposte anche se dobbiamo valutare bene gli impegni che questi progetti ci richiedono. Il Cai fonda la sua azione sul volontariato ed è già fortemente impegnato sul territorio nazionale con centinaia di iniziative. Questi sono elementi di forza della nostra organizzazione, ma, allo stesso tempo, ci richiedono un’attenzione particolare nel gestire le nostre forze.

 

 

 

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