«Desidero invitare tutti a vivere una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano, venerdì, 4 settembre». Dal Cortile di San Damaso del Palazzo apostolico vaticano, dove mercoledì 2 sono riprese le udienze generali, papa Francesco ha annunciato l’iniziativa a un mese dalle esplosioni che a Beirut hanno ucciso 135 persone e hanno causato danni per 4,6 miliardi di dollari. Una tragedia che ha colpito un Paese già in ginocchio per la crisi economica, per l’instabilità politica, l’epidemia di Covid-19. Una nazione nella quale CELIM è impegnato a portare avanti due progetti: uno di sostegno alle lavoratrici domestiche straniere vittime dello sfruttamento e l’altro di rilancio del settore oleario nel Sud.

«L’iniziativa del Pontefice – spiega Antonio Buzzelli, rappresentante Paese per CELIM – getta uno sguardo su un Paese, il Libano, che sta attraversando un momento di grande difficoltà. Già prima delle esplosioni che hanno devastato la capitale Beirut, stava attraversando una fase dominata da una fortissima recessione e dal diffondersi del coronavirus. La deflagrazione nel porto ha, chiaramente, aggravato la situazione. Anche se, bisogna ammetterlo, quell’evento tragico ha sollevato un’ondata di solidarietà internazionale e ha portato una forte attenzione sul Paese dei cedri».

Un Paese che è un esempio di pluralità e di convivenza nel Medio Oriente. «È profondamente vera l’affermazione che il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato – ha detto papa Francesco -: il Libano è un messaggio di libertà, è un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente. Per il bene stesso del Paese, ma anche del mondo, non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso. […] Domando ai politici e ai leader religiosi di impegnarsi con sincerità e trasparenza nell’opera di ricostruzione, lasciando cadere gli interessi di parte e guardando al bene comune e al futuro della nazione».

In questo contesto così complesso, CELIM continua a fare la sua parte. «L’epidemia di Covid-19 – osserva Buzzelli – ha costretto lo staff di CELIM a rimanere in Italia per alcune settimane. I progetti però non si sono mai arrestati. Il lavoro, grazie anche ai nostri partner sul campo, è proseguito. Il 17 settembre torneremo tutti in Libano. Controlleremo lo stato di avanzamento dei progetti e daremo loro nuovo impulso».

Nel Paese, i cooperanti CELIM dovranno anche fare fronte all’emergenza Covid-19 che, nei mesi, si è accentuata. «Prima dell’estate – conclude Buzzelli – si registravano una ventina di casi al giorno. Oggi sono almeno 600. Una situazione difficile anche perché il sistema sanitario libanese è molto fragile e fa fatica a contenere il contagio. Quella del coronavirus, per noi di CELIM, è una sfida nella sfida. Dovremo continuare a lavorare tenendo presente questa minaccia che è destinata a diventare una triste compagna di viaggio per tutti in Europa, nel Nord America, in Africa come in Medio Oriente».

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