Dallo Zambia ci arriva questa riflessione scritta da Marco Trovò, volontario nell’ambito del progetto di servizio civile “Caschi bianchi per l’educazione e la formazione”. Nelle sue parole il senso del lavoro che sta portando avanti, insieme agli operatori di CELIM, al Mthunzi Centre, struttura dedicata al recupero dei ragazzi di strada nell’ambito del progetto Street Children. Inclusione sociale dei ragazzi di strada in Zambia. Le dure esperienze vissute da questi giovani si stemperano in un clima di amicizia e solidarietà che li aiuteranno a superare I traumi subiti e a reinserirsi a testa alta nella società.
“We belong to each other” è la scritta che appare su una grossa targa dipinta a mano dai ragazzi all’ingresso del Mthunzi Center e accoglie chi entra.
Cosa significhi questa frase, e quanto sia una vera e propria filosofia d’azione nel centro, si comprende subito. Ai piedi di un enorme albero di Jacaranda, che sorge nel bel mezzo del cortile del Mthunzi, bambini e ragazzi trascorrono il loro tempo libero assieme. Lo spirito di appartenenza e condivisione che esiste tra loro, si legge nei loro sguardi e si manifesta in una moltitudine di azioni che i ragazzi compiono ai piedi di quel grande albero: dal raccontarsi le proprie storie di vita all’aiuto che i ragazzi prestano nel preparare il pranzo e nel sistemare i vari utensili utilizzati dopo aver consumato le proprie vivande.
“We Belong to each other” è un autentico inno a un senso di comunità che viene rinnovato negli ambienti del Mthunzi. I ragazzi che frequentano la struttura, infatti, sono ex bambini e ragazzi di strada, cresciuti nelle vie di Lusaka, lontani dalla loro famiglia, tra dipendenze e abusi, ma anche tra analfabetismo e mancanza di istruzione, vivendo alla giornata con i pochi soldi ricavati tra elemosina e piccoli furti. Grazie alle strutture del Centro Mthunzi, viene loro data loro una seconda opportunità, fornendo un tetto sicuro dove potersi riposare la notte, tre pasti caldi al giorno, ma anche e soprattutto l’accesso all’istruzione e un ambiente amichevole e stimolante dove spendere le proprie ore di tempo libero, praticando attività ricreative, sport, nonché lo sviluppo della propria persona. Tutto questo contribuisce allo sviluppo di un forte senso di comunità, al “belonging to each other”, fortemente contrapposto alla vita dura e fortemente individuale vissuta in strada.
E proprio questo senso di comunità è ciò che mi ha accolto sin dalla mia prima visita al Mthunzi quando, davanti a un piatto caldo di nshima (una sorta di polenta di mais, piatto comune in Zambia), un mio “enjoy the meal” rivolto ai ragazzi ospiti del centro è stato sufficiente per diventare subito il loro “italian brother”.
Essere parte di questo progetto, grazie al quale viene donata una seconda possibilità a bambini e ragazzi che altrimenti sarebbero socialmente esclusi, garantendo loro l’assicurazione di un nucleo essenziale di diritti umani, come l’accesso all’istruzione, ad un tetto sopra alla testa e ad un’alimentazione sana ed equilibrata, è sicuramente una grande sfida, da affrontare sfruttando ogni minima risorsa a disposizione, ma che mi riempie il cuore di speranza e motivazione verso questa mia nuova avventura.