La pandemia di Covid-19 sta mettendo una seria ipoteca sul futuro dei ragazzi e delle ragazze. Il lockdown, imposto in primavera e poi in autunno, sta riducendo la possibilità di avere una formazione all’altezza e quindi di costruirsi una vita con prospettive soddisfacenti. È questo il quadro che si delinea in occasione della Giornata dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra oggi 20 novembre. In questo contesto difficile, CELIM ha continuato, pur tra mille difficoltà, a lavorare nelle scuole per sostenere il diritto all’educazione attraverso diversi progetti.

Ma andiamo con ordine. I dati forniti dalle istituzioni nazionali e internazionali sono preoccupanti. Secondo l’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, a causa del Covid-19, 190 Paesi sono stati costretti a chiudere le scuole, provvedimenti che hanno colpito 1,6 miliardi di bambini e giovani. Questi si aggiungono ai 265 milioni che, per altre ragioni, non seguono alcuna formazione.

Il rischio che la povertà educativa si diffonda anche in Italia è concreto. Il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) ha comunicato che, nella prima fase del lockdown, il 25% degli studenti ha avuto difficoltà a prendere parte alle attività educative. Il 10% non ha addirittura preso parte alle lezioni perché non disponeva di dispositivi elettronici. Il 10% degli studenti hanno denunciato il fatto che le scuole non avevano attivato tutti i corsi e le materie previste. Una mancanza che è anche legata alla carenza di collegamenti web. In Lombardia, per esempio, solo l’11% delle scuole ha un collegamento con la fibra.

«Il Covid-19 – spiega Silvia Ielmini, responsabile area educativa di CELIM – non ha interrotto il nostro impegno favore dei ragazzi e delle ragazze. I nostri progetti stanno proseguendo, sebbene con nuove modalità». Nei giorni scorsi ha preso il via «Green School», un’iniziativa che promuove l’educazione e la pratica ambientale nelle scuole. Quest’anno, invece che nelle scuole, le attività di sostenibilità ambientale saranno portate avanti nelle case e seguite a distanza. Così come i progetti «La mia scuola è differente!» e «#tu6scuola» che lavorano sul contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. Oppure «L’odio non è uno sport», che interviene per contrastare le pratiche di odio nello sport, ma anche sul Web.

«I ragazzi e i giovani delle nostre scuole – conclude Silvia – hanno bisogno di un supporto, soprattutto in questo momento particolare che, per effetto del coronavirus e del distanziamento, nel quale si trovano ad affrontare, spesso da soli, sfide complesse. Non è semplice sostituire il contatto diretto con il contatto mediato dai computer. Noi però non possiamo non lavorare per difendere un diritto fondamentale come quello educativo. Perché in gioco è il futuro di migliaia di ragazzi e ragazze».